Ceph il futuro dello storage

Ricercando costantemente negli anni soluzioni innovative, un pò per curiosità, un pò per gioco ed un pò per esigenze professionali ci siamo imbattuti nel progetto Ceph.

Inizialmente parlare di Software Defined Storage sembrava la solita soluzione fantascientifica di fronte a colossi dello storage quali EMC2, IBM, NetApp, Oracle e simili, senza contare le infinite convention e meeting di popolari aziende software ed hardware che denigravano sempre le soluzioni open source (ma ogg sappiamo come sta andando..).

Questo successe quando decidemmo di utilizzare Linux come sistema operativo per le aziende all'inizio degli anni 2000, per poi seguire lo stesso trend con la virtualizzazione grazie a Kvm (alternativa open a VMware e Xen di Citrix).

Oggi possiamo dire che Linux è il sistema operativo più utilizzato al mondo nell'ambito della produzione enterprise e Kvm un hypervisor molto apprezzato [fonte 1, 2].

E molto probabilmente questo avverrà anche per Ceph in ambito storage.

Indice:

  1. Lo storage fino a qualche tempo fa
  2. Possiamo dire che Ceph è il Linux dello storage?
  3. Il vantaggio di essere “software defined”
  4. Ceph apre la strada a nuove figure professionali e a nuove soluzioni

Lo storage fino a qualche tempo fa

La verità è che un buon prodotto open source nasce dalla massa, dalla necessità di inventare e cambiare radicalmente il mondo (solo software?), gettando nelle fauci affamate dei nerd delle iperboliche novità, dando loro la possibilità di scrivere del buon codice.

Poi alcuni progetti si concretizzano e necessitano di avere un supporto professionale.

Ora tralasciando prodotti o veri e propri brand che già hanno segnato la strada (Linux, Red Hat, Kvm, Suse, Mariadb, Apache, etc) mi focalizzerei su una rivoluzione che è in atto e sta cambiando radicalmente il concetto di storage o meglio di archiviazione dei dati.

Negli anni in cui stiamo vivendo siamo circondati da informazioni, segnali elettrici ed impulsi elettromagnetici che ci incasellano, tracciano, controllano ed aiutano quotidianamente.

Avere dati è sinonimo di potere, e di questo forse adesso se ne stanno accorgendo un pò tutti.

Quell'apparato che si utilizza per memorizzare i dati è definito imperativamente con una parola inglese: “storage".

Fino a qualche anno fa questo “storage” era per lo più una parola che troneggiava nelle infrastrutture enterprise, e ci si avvicinava ad esso con un certo sentimento di meraviglia, timore e rispetto.

Lo storage era un argomento serio solo per gli eletti del mondo business enterprise, principalmente per gli annessi costi e le operazioni di manutenzione ad alta professionalità necessarie, concetti che oggi stridono con gli investimenti che impongono, vista l’obsolescenza rapidissima delle soluzioni odierne di archiviazione dei dati.

Questo impero, da tanti considerato intoccabile fino a ieri, oggi non lo è più, si è fatto strada un movimento dal basso, un prodotto open source che può essere il game changer in questo regno: il suo nome è Ceph.

Possiamo dire che Ceph è il Linux dello storage?

Ceph viene definito il Linux dello storage, cerchiamo di capire il perché con un esempio.

Nessuno oggi pensa a quale sistema operativo Unix-like usare, perché quello open source è il migliore, quindi tutti lo usano di default e si tratta di Linux.

Anche e probabilmente proprio grazie a questa diffusione Linux è in continuo miglioramento.

Bene, Ceph si sta muovendo nello stesso modo nel mondo dello Storage.

Inizialmente risultava un prodotto di nicchia, relegato a grandi ambiti di virtualizzazione (Openstack e simili).

Successivamente a seguito della continua necessità di spazio di archiviazione e alle

e altre funzionalità richieste insistentemente il mondo IT ha capito che si deve guardare alle soluzioni Software Defined Storage.

E il re indiscusso di questo ambito è risultato Ceph, motivo per il quale oggi molte aziende contribuiscono allo sviluppo del prodotto ed alla sua manutenzione.

Ne è prova il fatto che anche IBM ha comunicato in data 09.10.2022 che il prodotto Red Hat Ceph Storage Enterprise diverrà IBM cloud Storage [fonte: 1].

 

Il vantaggio di essere “software defined”

Seguendo da anni lo sviluppo di Ceph abbiamo notato l'ingresso nel mondo "Linux dello Storage" di aziende come Nvidia, GoDaddy, Canonical, SUSE, IBM e sopratutto alla nascita della Ceph Foundation.

Questo come naturale evoluzione di un progetto assolutamente fondamentale e necessario.

Ceph è open source ed è software defined, è studiato per funzionare su hardware commodity, ovvero su hardware da riutilizzare indipendentemente che sia nuovo o di un particolare brand, che sia affidabile o meno, indipendentemente anche dal brand del network e da come sono interconnessi tra loro i vari elementi, perché è completamente software defined.

Ovviamente questa libertà di scelta ed indipendenza, classiche caratteristiche nel mondo open source, si traducono in una certa complessità di gestione del sistema.

L'approccio non convenzionale allo storage fa si che vi siano nuovi concetti da affrontare e che funzioni fuori dagli schemi tradizionali, quindi è fondamentale avere le skills ed i tecnici giusti per mettere in funzione Ceph.

Questo aspetto può in prima battuta intimorire, ma del resto quello che vale oggi più che mai sono la conoscenza, le skills e la disponibilità ad interoperare tra aziende e persone.

Sicuramente rispetto ad una soluzione "boxata" richiede uno sforzo economico che si sposta sulla progettazione ed assistenza (o supporto), ma ne vale di gran lunga la pena.

Ceph apre la strada a nuove figure professionali e a nuove soluzioni

Ceph a nostro parere apre un mercato nuovo, dove si creeranno degli specialisti per la gestione dei dati distribuiti su larga scala, così come si creeranno prodotti nuovi che appoggiano le loro basi proprio su Ceph.

Il poter utilizzare uno Storage Software Defined elimina i lock-in dei vendor di hardware prettamente dediti allo storage, permette la realizzazione di sistemi di storage clusterizzati sia in ambito fisico che virtuale ed anche on-demand in modo automatico (Kubernetes).

Inoltre l'open source permette di implementare sopra a Ceph (Software Defined Storage) tutti i protocolli di accesso ai dati che sono normalmente utilizzati: SMB, NFS, RBD, ISCSI, CephFS, S3, Swift.

Così facendo questi protocolli ereditano la scalabilità, ridondanza, affidabilità, auto riparazione, distribuzione e replica che Ceph intrinsecamente prevede e che magari non erano previsti all'implementazione dello specifico protocollo.

Anche l'avvento dei container e di Kubernetes ha accelerato queste richieste.

L'utilizzo di ambienti a micro servizi richiede comunque la gestione di uno storage persistente, che può essere attivato e disattivato a piacimento, modificato nella forma e dimensione senza l'intervento manuale.

Ceph si integra in modo perfetto in questi ambienti.

L'industria dei datacenter sta sperimentando un’esplosione delle richieste di capacità in termini di spazio, consumi, affidabilità e ridondanza da parte di molti mercati emergenti.

Settori come il 5G, l’IoT, l'intelligenza artificiale, il machine learning, cold storage oppure edge computing stanno versando benzina sul fuoco già acceso dalla necessità di exabyte di spazio disponibili per salvare dati.

La notizia è che Ceph è già pronto! E voi?

ITServicenet vi supporta per la consulenza, progettazione e manutenzione della soluzione Ceph.

Ing. Alessandro Bolgia - Linkedin

Altri articoli su Ceph:

Ceph e il DR per tutte le tasche

Ceph Octopus, note di una evoluzione

ITServicenet = Kubernetes + Ceph + Nextcloud

Ceph la via flessibile

Ceph per lo storage software defined

Oggi è possibile realizzare un DR (disaster recovery) di macchine virtuali su una infrastruttura open e closed, (Es: Vmware) in modo semplice ed efficiente.

Per fronteggiare questa esigenza avanzata da svariati clienti nel tempo, la scelta del prodotto è ricaduta sul sistema di storage distribuito open source Ceph.

Realizzando 2 cluster storage in 2 posizioni geografiche distanti diversi km, è possibile replicare i dischi delle virtual machine (anche Vmware appunto) da un sistema ad un altro e così avere la continuità operativa.

Inoltre è possibile pensare di migrare tutti i servizi di un datacenter privato da una regione all’altra.

Questa attività ci ha coinvolto in diverse occasioni, per consentire di spostare le virtual machines asservite ad alcuni clienti da un datacenter ad un altro.

Il tutto conoscendo il prodotto ed avendo l’opportuno team a supporto e quindi non acquistando licenze software e basta.

Per noi la cosa che maggiormente conta è il supporto tecnico!

Ogni giorno affrontiamo le problematiche dei nostri clienti che cercano di avere sempre di più dal supporto IT.

La scelta del prodotto è fondamentale per poter risolvere i propri problemi in termini di infrastruttura.

Possiamo legarci ad un rinomato prodotto commerciale che ci fa brillare gli occhi offrendo supporto tecnologico mirabolante e demandando a noi solo l’acquisto e la facile gestione, oppure capire come funzionano le cose e scegliere in modo oculato ed opportuno.

Per poter consigliare i nostri clienti ed essere certi della soluzione al loro problema serve una quantità enorme di tempo (tante volte non pagato) per valutare, conoscere e gestire una tecnologia, quindi abbiamo scelto la strada più impervia, ma abbiamo ottenuto ben diverse soddisfazioni, sia in termini di conoscenza che economici.

Perché non trasformare questo tempo in know-how personale sul DR e poterlo valorizzare in modo opportuno?

Questo modo di operare a nostro avviso è possibile soprattutto con i prodotti open source e la nostra associazione Enterprise OSS ci permette di avere un confronto tra più professionisti, al fine di evolvere velocemente in questo mondo informatico sempre più complesso.

Proprio per questo nel corso degli anni mi sono dedicato a capire come funzionassero i sistemi di storage per gli ambienti di virtualizzazione.

Parlando con molteplici aziende che vendevano tecnologie di questo tipo in diverse occasioni mi sono imbattuto in prodotti non maturi, banali o peggio, che non svolgevano il compito per cui erano stati concepiti come si deve.

Questo per sottolineare che anche il mondo closed non è affatto perfetto. Un prodotto anche se ne paghi la licenza di utilizzo, non è detto che sia ben funzionante… Purtroppo.

Il mondo Open invece ha un grande vantaggio, ci permette di valutare in modo più approfondito il prodotto e con le opportune capacità tecniche intuirne la bontà e lo stato di evoluzione.

Storage distribuito (non Ceph), una storia vera

Vi riporto un’esperienza personale, partendo da sistemi tradizionali che tutti voi conoscete mi sono avventurato nel mondo dello storage distribuito nel 2013.

Il prodotto in questione era Sheepdog, l’idea era buonissima, abbiamo partecipato anche al primo meeting ad Hong Kong e conosciuto gli sviluppatori.

Il sistema era ancora immaturo per alcuni aspetti, ma nonostante tutto per due anni ci ha fatto lavorare egregiamente in un piccolo datacenter.

Da qui l’evoluzione tecnologica e l’impegno personale ci hanno portato alla conoscenza di Ceph.

Ora il prodotto Ceph è indiscutibilmente il leader nel settore open source e non solo, ne abbiamo parlato qui, qui e qui.

Per chi ha poco tempo per la lettura consigliamo il podcast del nostro blog e vi rimandiamo a questo link: https://www.spreaker.com/user/enterpriseoss.

L’evoluzione sistemistica personale mi ha portato a poter gestire nodi e cluster anche geografici senza dover avere grandi software house alle spalle. Il vero business lo fanno il supporto ed i tecnici che seguono questo sistema.

Non vorrei addentrarmi nella descrizione della tecnologia, ma quello che voglio riportarvi, esperienza maturata sul campo, è che adottando questa tecnologia di storage opensource gratuito è possibile realizzare con poco sforzo DR geografici in ambiente Vmware e Kvm.

E cosa di non trascurabile rilevanza: il tutto è spesso alla portata delle proprie risorse, anche economiche.

Al contrario la scelta di uno storage “classico” comporta spesso un lock-in e la completa revisione della infrastruttura IT, per poter pensare ad un DR sicuro, efficiente e di facile implementazione e gestione.

Spero con questo breve articolo di aver stimolato la curiosità di chi ha necessità di implementare infrastrutture simili.

Per approfondimenti:

le tecnologie menzionate sono Ceph, Kvm, Vmware, Proxmox, iSCSI, Rbd.

Ing. Alessandro Bolgia

centOS

Circa un mese fa una notizia altamente esplosiva è apparsa su diverse testate che si occupano di informatica e il mondo Open Source è indubbiamente rimasto scosso.

CentOS diventa CentOS Stream, Red Hat stravolge il progetto e gli utenti si rivoltano.

Questo si leggeva su HWupgrade -> articolo qui ->

https://edge9.hwupgrade.it/news/innovazione/centos-diventa-centos-stream-red-hat-stravolge-il-progetto-e-gli-utenti-si-rivoltano_94085.html

Ma anche html.it titolava

CentOS diventa CentOS Stream e non è una buona notizia.

Articolo qui ->

https://www.html.it/15/12/2020/centos-diventa-centos-stream-e-non-e-una-buona-notizia/

In estrema sistesi Red Hat ha dichiarato che “non esisterà più una versione stabile e consolidata di CentOS che riproponga in tutto e per tutto quanto disponibile nel mondo RHEL: Red Hat Enterprise Linux."

Gli utilizzatori di CentOS non hanno reagito propriamente in modo entusiastico e noi abbiamo voluto tastare il polso della community Enterprise OSS per capire cosa ne pensano.

Prima

Sei anni fa la totalità degli sviluppatori CentOS è stata assunta da Red Hat (quindi sì, Red Hat ha acquisito di fatto CentOS). Molto probabilmente il piano già era in atto.

Seppur i repository fossero differenti, fino ad oggi è stato possibile tranquillamente considerare CentOS una RHEL senza subscription.

Le differenze sono (ancora per poco) nelle tempistiche degli update che, logicamente, in CentOS arrivano generalmente (salvo casi di gravi bug di sicurezza) dopo.

Molti utenti partendo da questo chiaro presupposto si domandavano:

- Perché acquistare RHEL con il supporto quando, di fatto, la stessa Red Hat fornisce una distribuzione speculare in tutto e per tutto, gratuitamente? -

Dopo

Ora l'alternativa a Red Hat che non c'è più.

La comunità degli utenti non ha preso affatto bene questa novità, anche perché assieme ad essa è stato annunciato il termine del supporto di CentOS 8 nel 2021, quando la fine "naturale" avrebbe dovuto essere nel 2029, a dieci anni dal rilascio avvenuto nel settembre 2019!

Quale alternativa a CentOS?

Esisteva un'alternativa diretta a CentOS chiamata Scientific Linux, sponsorizzata anche dal CERN, che però ha chiuso i battenti lo scorso anno.

L'unica alternativa che rimane è Oracle Enterprise Linux.

Come scrive la stessa Oracle con una certa dose di autoironia: "Il supporto è a pagamento. Se volete solo il software, è al 100% gratuito. [...]

Il codice sorgente è gratuito, i binari sono gratuiti, gli aggiornamenti sono gratuiti, è liberamente e gratuitamente redistribuibile, è gratuito anche per l'uso in produzione.

Sì, sappiamo che è un prodotto Oracle, ma è veramente gratuito.

Sul serio.

È possibile effettuare il passaggio da CentOS a OEL con due soli comandi mantenendo praticamente intatto il proprio sistema.”

C'è però, chi sta pensando a un progetto completamente nuovo che rimpiazzi CentOS:

Gregory Kurtzer, Rocky Linux https://rockylinux.org/it/

Insomma che dire, senza palla di cristallo non possiamo prevedere il futuro al solito ma per chiudere, una riflessione:

“Anche nell’open vanno fatte le dovute valutazioni sui prodotti e sulle tecnologie, la solidità e durata nel tempo di queste soluzioni è fondamentale, ecco perché serve affidarsi a professionisti che sappiano prenderci per mano e guidarci anche quando il mare non è calmo”

Ed Enterprise OSS è nata proprio per questo.

Enterprise OSS Staff

azienda distribuita

Oggi vi parlo di un modello di lavoro diverso, non so dire se sia nuovo, moderno oppure no.

Quello che so è che siamo alla ricerca di persone che la pensano come noi, quindi se al termine di queste righe vi ritroverete nelle parole che leggerete contattateci.

INDICE:

Introduzione

E così sono passati già 6 mesi,

da quando è arrivato il doppio venti ne sono successe di cose

alcune belle alcune meno, ma di quest’ultime se n’è parlato anche troppo, quindi oggi vi racconterò di come

la nostra azienda distribuita ha compiuto un anno.

Eh sì, la nostra amata filosofia di lavoro l’abbiamo già svezzata, ancora molti ci guardano con tanto di occhi quando ne parliamo, pochi osano chiedere di cosa si tratti e i più la ignorano.

C’è anche qualcuno che ci prende in giro, non riuscendo a concepire come sia possibile che talvolta ci prendiamo del tempo per noi in giorni feriali.

Tre nuove collaborazioni

Ma è anche grazie ad essa se quest’anno abbiamo stretto 3 collaborazioni importanti.

- Con Nextcloud, di cui siamo partner ufficiali per l’Italia

- Con Nethesis, grazie alla quale abbiamo arricchito la nostra offerta tecnologica

- E con RIOS, la rete italiana open source per eccellenza

Anche la nostra associazione è cresciuta, Enterprise OSS in tempo covid19 ha raccolto nuove imprese sotto la sua ala e di mese in mese si sono susseguiti webinar informativi sui più svariati temi.

È grazie alla nostra azienda distribuita se riusciamo a viaggiare per formarci dai migliori e lavorare nativamente in modo smart.

Ed è grazie a questo modello di business aperto che diamo e riceviamo lavoro dai partners di volta in volta, offrendo maggiori garanzie ai clienti e ritagliando per noi più tempo per fare ciò che ci rende più completi.

Tra queste attività ci sono gli incontri, le cene e perché no, i team building, magari in compagnia di qualche cabinato, chi è degli anni 70 o 80 apprezzerà.

Chi siamo e come facciamo

Grazie a questo modello possiamo annoverare tra le nostre fila avvocati, fisici, diversi ingegneri, programmatori, coach, comunicatori e tecnici.

Ma se ti sei già bevuto/a queste 300 parole forse ti chiederai cosa concretamente significhi “Azienda distribuita”.

L’origine di questa definizione si perde nelle nebbie di in un giorno d’inverno di qualche anno fa.

Si discuteva delle opportunità offerte da nuove tecnologie come la blockchain e di nuove esigenze come quelle della protezione dell’identità e dei dati personali.

Quella fu la scintilla dalla quale estrapolammo il concetto di distribuzione dell’informazione e provammo a immaginarlo applicato al metodo di lavoro.

Dai vantaggi del dato distribuito su più macchine -> ai vantaggi dell’ azienda distribuita su più professionisti

È così che temerariamente abbiamo iniziato a proporre ad alcuni colleghi di lavorare insieme a noi, cambiando prospettiva.

Un nuovo modello di lavoro

Il modello non è quello del

 

Quello che abbiamo pensato noi è di distribuire davvero il lavoro in base alle competenze di ciascuno, in modo che diversi professionisti, dotati di diverse abilità, potessero, seppure appartenenti ad aziende diverse, offrire a clienti comuni il massimo in termini di affidabilità e conoscenza.

Questo comporta anche il non essere legati ad una sede fisica unica e la possibilità di lavorare in mobilità, da remoto, in videoconferenza.

Non ci sono stipendi o spese fisse. Non ci sono capi reparto o responsabili d’ufficio.

Sapevamo che l’informatica offriva già da tempo gli strumenti più adatti a sviluppare un modus operandi di questo genere, ma sapevamo anche che i preconcetti dei vari professionisti erano il vero ostacolo da aggirare.

Non è facile fidarsi di un collega che entri in casa di un nostro cliente, non è facile affidarsi alle sue conoscenze

 

Non è facile dettare i tempi di lavoro in un “non ufficio”: il luogo di lavoro fisico viene meno e con esso l’abitudine, il ritmo giornaliero.

Non è facile gestire un’azienda così, è vero.

Ma per osare fino a questo punto è sufficiente aver riflettuto su un concetto molto semplice.

Non ho tempo quindi sono dei vostri

La risorsa più importante che tutti noi abbiamo è il tempo e nessuno dovrebbe permettersi di sprecarlo. Soprattutto non per soldi.

Avete mai fatto caso alle domande dei vostri colleghi?

 

L’indicatore di “anno andato bene” è quasi sempre “il fatturato”, è così perché parlare di guadagno è molto più spinoso di solito; ma quando vi è capitato di rispondere a domande in cui l’indicatore di positività fosse un altro:

 

Dunque l’idea è quella di moltiplicare il tempo a disposizione, prendendo in affitto quello di altri professionisti e questo porta a lungo andare ad una soddisfazione economica superiore.

Guadagnare meno e delegare di più oggi, per avere più opportunità di lavoro domani grazie a coloro a cui ho affidato parte del mio lavoro. E nel frattempo ottenere più tempo di qualità per noi.

Per risolvere l’equazione metaforica che al mondo è stata impostata peggio di qualunque altra, serve cambiare l’operazione tra i due fattori.

Il mantra “il tempo è denaro” si traduce di solito in questa equazione:

“Ore di lavoro” x “Costo orario” = Stipendio = Felicità

Ma in realtà l’equazione corretta è

Tempo + Denaro = Felicità

e chi vuole avere [tempo + denaro] deve necessariamente fare qualcosa di diverso da quello che ha sempre fatto.

Tra le soluzioni certamente possibili noi abbiamo scelto l’azienda distribuita.

Se ti interessa saperne di più: iscriviti alla nostra newsletter o scrivici qui info@enterpriseoss.com,

un’altra arma segreta di chi come noi abbraccia questa filosofia è la grande apertura alle nuove idee e a nuovi potenziali collaboratori.

Matteo Marcato - CDS 

breve storia della virtualizzazione

Prologo: Storia della virtualizzazione

Un tempo il sistema informativo si progettava così:

Poi è arrivata la virtualizzazione e tutto è cambiato.

Indice:

-29 anni fa - Linux

-Nascono gli Hypervisors

-Microsoft entra in gioco

-Migrazioni di macchine tra hypervisors

29 anni fa - Linux Project Foundation

Il 25 agosto 1991, uno studente finlandese misterioso di nome Linus Benedict Torvalds ha inviato un messaggio al newsgroup Usenet comp.os.minix dicendo che stava lavorando su un sistema operativo gratuito come progetto per conoscere l'architettura x86.

Non poteva assolutamente sapere che stava lanciando un progetto che avrebbe cambiato per sempre l'industria informatica.

Ventinove anni dopo possiamo con certezza affermare che nessuno di noi poteva prevedere fino a che punto si sarebbe spinto Linux - una lezione interessante, che dovrebbe farci riflettere quando si cerca di immaginare cosa potrebbe accadere in futuro.

Al momento dell'annuncio, Linux era Vaporware; la prima versione sorgente non avrebbe visto la luce per un altro mese.

E nemmeno quella si chiamava “Linux", possiamo essere tutti contenti che il nome originale "Freax" non abbia attecchito.

Quando il codice fu pubblicato, era lungo solo 10.000 righe; la community ora aggiunge questa quantità di codice nel corso di circa tre giorni.

Non c'era stack di rete, erano supportate solo tastiere finlandesi, molte chiamate di sistema di base erano assenti e Linus non pensava che sarebbe mai stato possibile portare il kernel su un'architettura diversa da x86.

In altre parole, era un sistema giocattolo, non qualcosa che sembrava pronto a conquistare il mondo.

Da un articolo di Jonathan Corbet - https://lwn.net/Articles/698042/

Nascono gli hypervisors

Dopo qualche anno una società chiamata VMWare venne lanciata ufficialmente, alla conferenza DEMO organizzata da Chris Shipley, era il febbraio 1999. Il primo prodotto, VMware Workstation, è stato consegnato nel maggio 1999 e la società è entrata nel mercato dei server nel 2001 con VMware GSX Server (ospitato) e VMware ESX Server (senza host).

Passano altri 5 anni e la storia della virtualizzazione si arricchisce di un nuovo protagonista: infatti l'ecosistema dei software per server subisce un’ulteriore accelerazione, viene introdotto KVM (Kernel-based Virtual Machine, a part of the Linux Kernel)

KVM è stato annunciato per la prima volta il 19 ottobre 2006 dal suo creatore, Avi Kivity, in questo post nella mailing list del Kernel Linux.

Quella prima versione del set di patch KVM era compatibile con le istruzioni VMX trovate nelle CPU Intel che erano appena state introdotte al momento dell'annuncio. La compatibilità con le istruzioni SVM di AMD arrivò poco dopo. Il set di patch KVM è stato unito al kernel upstream nel dicembre 2006 ed è stato rilasciato come parte del kernel 2.6.20 nel febbraio 2007.

Da un articolo di Amit Shah - https://lwn.net/Articles/705160/

Microsoft entra in gioco

Passano ancora 2 anni ed anche un altro importante attore degli ambienti "server" entra in scena.

Microsoft Hyper-V Server 2008 viene rilasciato il 1 ottobre 2008.

È costituito da Windows Server 2008 Server Core più il ruolo Hyper-V; altri ruoli di Windows Server 2008 sono disabilitati e ci sono servizi Windows limitati.

Hyper-V Server 2008 è a sua volta limitato ad un'interfaccia a riga di comando utilizzata per configurare il sistema operativo host, l'hardware fisico e il software.

Un'interfaccia CLI basata su menu e alcuni file di script liberamente scaricabili semplificano la configurazione.

Inoltre, Hyper-V Server supporta l'accesso remoto tramite RDP. Tuttavia, l'amministrazione e la configurazione del sistema operativo host e delle macchine virtuali guest vengono generalmente eseguite in rete, utilizzando le console di gestione Microsoft su un altro computer Windows o System Center Virtual Machine Manager.

Ciò consente una configurazione molto più semplice e il monitoraggio del server Hyper-V.

Migrazioni di macchine tra hypervisors

Tutti questi sistemi (detti hypervisors) presentano ai sistemi operativi guest una piattaforma operativa virtuale e gestiscono l'esecuzione dell'SO stesso.

Più istanze di una varietà di sistemi operativi possono condividere le risorse hardware virtualizzate: ad esempio, le istanze Linux, Windows e macOS possono essere eseguite su una singola macchina x86 fisica.

L'insieme dei sistemi che si occupano del calcolo può essere completamente astratta.

A questo punto la migrazione tra una tecnologia di virtualizzazione e l'altra si riduce ad una conversione del formato dei dati (dischi virtuali), facilmente realizzabile, ad esempio in ambito KVM, con gli appositi comandi.

Anche per il mondo "fisico" si sono moltiplicati gli strumenti per una sicura migrazione p2v (physical to virtual).

Nuove pagine della storia della virtualizzazione stanno per essere scritte e si intuisce facilmente che gli "strumenti" per giocare a questo gioco non mancheranno, anzi, ma la cosa più importante per l'Enterprise è affidarsi ad "artisti" di provata esperienza che sappiano orchestrare uno spettacolo (performance)... di sicuro successo!

Firmato - Dott. Alessandro Garbelli

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