RIOS 2022

Ci sono molti modi di raccontare un evento RIOS, ce ne sono altrettanti, forse di più, quando chi racconta ha partecipato a quell’evento e poi c’è l’evento, in sé, con la sua scaletta, i suoi organizzatori, il suo pubblico e le innumerevoli variabili che lo rendono per il lasso di tempo in cui il sipario rimane aperto, come una creatura, vivo.

I 2 cents di Matteo Marcato: responsabile della comunicazione ITServicenet

Il mio evento inizia lunedì 07.11, a dire il vero ho messo piede all’EUR nel palazzo dei congressi l’08.11 alle ore 09:15, ma l’irresistibile attrattiva della città eterna ha suggerito una dilatazione del tempo ed è così che mi sono ritrovato su un aereo il giorno precedente, direzione naturalmente, Roma.

L’impatto con un evento live è sempre differente, può essere amore a prima vista oppure si può vivere una relazione occasionale con alti e bassi, c’è anche la possibilità che la scintilla non scocchi proprio, in quel caso solitamente non si rimane fino al termine.

Non è stato questo il caso, partendo dalla fine infatti posso dire che abbiamo “fatto chiusura” con i colleghi di ITServicenet e ce ne siamo usciti dopo una giornata intensa con i nostri cappelli rossi, gradito gadget riservato ai fruitori virtuosi dell’intero evento.

Ci siamo portati via ben protetti dal nuovo copricapo concetti, spunti di riflessione e finalmente il giusto quantitativo di rapporti umani, per i quali abbiamo ampi spazi nel magazzino del cuore da tornare a riempire, dopo gli ultimi due anni e mezzo.

Questo breve racconto però non vuole essere un reportage in stile giornalistico o seguire un noioso schema ingegneristico classico, voglio piuttosto saltare di palo in frasca, un po’ così, come dettano i due comandanti in capo che muovono le dita sulla tastiera: cuore e mente.

Dunque posso iniziare dicendo che non me l’aspettavo, non mi aspettavo di trovare così tanta gente ad un evento come quello di Red Hat, seppure i nomi degli sponsor e degli speaker annunciati fossero di altissimo livello si trattava sempre e comunque di un evento con temi complessi, spesso molto settoriali e quantomeno di nicchia.

Invece si è assistito ad un fiume di gente a passeggio tra gli stand e al netto dei raccoglitori di gadget (sempre presenti dalla sagra della porchetta al forum sulla fisica quantistica immagino), di persone che venivano a incontrarci all’angolo RIOS, composto da ben 4 banchi accoglienza.

RIOS - Red Hat Day Roma - OSW 2022

Si trattava di curiosi oppure di clienti o potenziali tali sorridenti, che avevano voglia di dirci la loro sull’evento in corso e perché no, di stingere la mano.

Bella poi e soprattutto stupefacente la seconda parte, quando nel pomeriggio lasciate poche vedette a presidiare i gazebo d’accoglienza, gran parte dei visitatori si è spostata al primo piano, dove il vero momento nerd della giornata stava per compiersi.

Sei sale, adibite a luogo di raccolta per gli speaker di giornata, che per tre ore si sono alternati in contemporanea nelle diverse room sui più svariati temi, dal cloud native alla gestione del dato, dalla sicurezza informatica allo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale.

La Rios Track al Red Hat Summit Connect Rome

Noi nella sala workshop riservata a RIOS abbiamo esordito con un sorriso ben evidente in viso, quando nel corso del primo speech abbiamo dovuto far aggiungere sedie in sala, e la soddisfazione si è trasformata in stupore quando dopo l’intervento dei prodi Davide Lamanna (Binario Etico) e Alessandro Bolgia (ITServicenet) su temi “leggeri" come Ceph e Kubernetes accoppiati, abbiamo visto accalappiare il secondo al volo alla discesa dal palco da alcuni uditori presenti in sala, per avere delle delucidazioni sul tema.

Un ricordo vivido è quello di Alessandro Favretto (SMC) che mi si avvicina a speech in corso, durante la mia foto session di rito e mi sussurra: “Siamo fighi o no?”.

Lo stupore si è poi ulteriormente mutato in effetto WOW quando dopo 2 ore di speech erano finiti i braccialetti segnalatori all’uscita dalla nostra sala, piccolo segno di riconoscimento per chi terminava di ascoltare un intervento, grande indicatore per RIOS dell’interesse suscitato dalle tematiche proposte, con un file rouge vincente che univa le tecnologie più disparate e ben 9 aziende sotto un unico cappello narrativo, quello della gestione del dato in tutte le sue fasi.

Che dire poi del piacere di salutare dal vivo quelle che per anni sono rimaste sagome in movimento dentro ad un monitor, nelle innumerevoli videocall settimanali del gruppo RIOS.

Riconoscersi e riscoprirsi uguali ma in fondo diversi una volta dotati della tridimensionalità che solo la presenza sa offrire.

Due aneddoti su tutti, l’abbraccio all’arrivo con Neviana Mazzocco (Seacom), che mi ha pure suggerito un B&B delizioso dove alloggiare e l’incontro con Stefano Marchetti (Red Turtle), che ha esordito sorridendo con un:

“Ciao Matteo, non sembravi così alto in call :D”

Per non parlare di tutti i ragazzi del marketing RIOS che indipendentemente dall’azienda di appartenenza hanno dato tutto per confezionare in 3 anni 3 eventi sempre di livello crescente, vedere dal vivo David, Federico, Claudio, Antonio, Enrico, Valentina, Maria Pina (che mi ha pure fatto i complimenti per il voiceover di audiobook) e qualcuno che sicuramente ora mi sfugge, sinceramente è stato molto bello.

Insomma per concludere è stata un’ottima esperienza, una giornata live incastonata in una tre giorni di Open Source Week giunto alla terza edizione, che conferma ancora una volta che il grande sforzo per realizzare un evento di divulgazione paga, paga sempre.

Al prossimo reportage sconnesso.

Ing. Matteo Marcato

Ci abbiamo messo più di un mese a scaricare a terra queste righe, però ce l’abbiamo fatta, per il lettore che si imbatta in questo articolo e nel nostro blog per la prima volta il consiglio è di continuare la lettura per scoprire chi siamo, per gli habitué invece si tratterà dei soliti 5 minuti di lettura, ci auguriamo piacevole.

Per un associato EOSS infine, magari presente all’evento che andiamo a descrivervi, promettiamo qualche sorriso.

Indice

1. Preludio

2. Il giorno è arrivato

3. Assemblea soci e non solo

4. Il post


Preludio

“Il racconto di un evento” annuncia l’intro a questo blog post, e che sarà mai? Un evento come ce ne sono tanti.

Non proprio, provate voi a riunire una quindicina di imprenditori del lombardo veneto, tutti insieme, in un giorno preciso, ad un’ora precisa.

Ora pretendete che vi ascoltino e ascoltino i colleghi in silenzio, senza avere nemmeno lontanamente la possibilità di fatturare a breve o almeno approcciare il caso di un cliente, sottoposto sicuramente poco prima via email.

Provateci voi e se ci riuscite senza sforzo sarete automaticamente eletti a ruolo di community manager di Enterprise OSS.

Tornando a noi, non è stata una passeggiata allineare tutti, alcuni vogliono essere informati via email, alcuni via telegram, alcuni al telefono, alcuni il giorno prima nonostante tutte le comunicazioni ricevute hanno il coraggio di chiederti:

- Di che evento stiamo parlando? -

Fatto sta che il 23.09.2022, dopo due anni e mezzo di rapporti virtuali, finalmente, i componenti di Enterprise Oss si sono riuniti e hanno deciso per l’occasione di farlo fuori porta. O almeno in un luogo non usuale.

Niente Eoss Lab nel bresciano, niente Zai in zona industriale a Verona, niente sede di uno degli associati, ma addirittura Elevator Innovation Hub a Vicenza.

Il tutto è stato reso possibile da una missione esplorativa del nostro avvocato Cosetta Masi, di casa in Elevator e del neo Vice Presidente Alessandro Bolgia, andati in visita sul posto pochi mesi prima e tornati entusiasti dell’ospitalità riservata e della disponibilità offerte dai padroni di casa.

Il giorno è arrivato

È così che diverse direttrici provenienti dai più svariati luoghi delle due regioni più operose d’Italia si sono incontrate alle ore 15:30 in Elevator.

Tappeto rosso e cotillion ad accoglierci all’arrivo.. no in realtà abbiamo mancato l’ingresso principale e ci siamo trovati al bar della struttura, per l’occasione deserto ma molto accogliente.

Dopo 5 minuti di attesa ci sfidavamo a calcio-balilla incuranti del sudore prodotto dall’intensità dei match, stecca dopo stecca, gancio dopo gancio (vietatissimi peraltro questi ultimi).

Trascorsi 30 minuti e richiamati all’ordine dai primi arrivi dei colleghi ci rimettevamo in carreggiata ed effettuavamo la registrazione di rito e l’ingresso in sala riunioni.

L’incontro tra i fondatori era previsto per le 15:30, quello con gli associati per le 17:00, l’ultimo invitato è arrivato alle 19:00, per l’aperitivo, ma il traffico è il traffico e il tempo vola quando rispondi via mail ai clienti…

Assemblea soci e non solo

Al netto del goliardico racconto chi è giunto fin qui con la lettura si chiederà se l’evento ha effettivamente prodotto qualcosa di buono in termini di business.

E la risposta è sì.

Per la nostra associazione, no profit per costituzione, l’obiettivo principe è mettere in contatto gli associati tra di loro e per noi business in questo contesto significa:

-Conoscere colleghi in grado di aiutarli al bisogno
-Scoprire nuove soluzioni utili
-Guadagnare facendo lavorare gli altri, in fiducia totale, sui propri clienti
-Formarsi
-Esplorare nuove opportunità

Mai come in giorni come questo i punti appena elencati risultano chiari agli associati, incontrarsi e parlarsi spesso apre porte nascoste, che la virtualità, metaversi o altri utilissimi strumenti digitali (in altri ambiti) non sono in grado di rivelare.

È così che Francesco ha scoperto da Daniele che sono colleghi sviluppatori, che Daniele ha scoperto da Fabio che potrebbe dargli una mano con il supporto remoto ai clienti, che Alessandro aveva giusto parlato di “quel software” con dei partner il girono precedente e si cercava una persona skillata che lo potesse usare… ecc.

Questi sono solo alcuni esempi di quello che è accaduto in presenza.

Nei nostri petti stagionati battono cuori appassionati di informatica ma analogici, cosa che molti giovani di oggi purtroppo non possono capire, ma che fa la differenza, soprattutto in termini di rapporti umani, insostituibili per mirare ad una relazione duratura con i clienti e con i colleghi.

Il fatto poi di conoscersi meglio, come insegnano i team building in tutto il mondo, permette anche di aprire nuove collaborazioni più volentieri e in qualche caso magari di chiuderle, ma meglio così se è così deve andare.

Comunque oltre ai preziosi scambi di idee, opinioni e soluzioni l’evento è stato utile anche per un cambio della guardia:

è stato eletto ufficialmente in questa occasione il nostro nuovo presidente Alessandro Garbelli, dottore, insegnante, fisico, ricercatore, tecnico, amante dell’open source e padre di famiglia.

Infatti ci si chiedeva se per questo nuovo ruolo ci fosse ancora spazio per la spilla da appuntare sulla giacca e allora a scanso di equivoci la giacca l’ha lasciata a casa.

Ridendo e scherzando comunque c’è stato il tempo di confrontarsi e fare qualche passo insieme verso il futuro, che non può essere che collaborativo.

In un mondo come quello dell’IT sempre in accelerazione è folle il pensiero di potersela cavare sempre con le sole proprie forze, che tra l’altro l’età anagrafica avanzante tende a far affievolire, quindi incontri come questo servono anche a cogliere le esigenze degli altri, ritrovarsi nelle stesse e provare insieme a cercare delle soluzioni.

Il post

Una delle tematiche più sfidanti è stata sicuramente quella del personale qualificato, magari giovane e preparato di cui praticamente tutti avrebbero bisogno e della scarsità di questo prezioso “materiale umano”, in tutti i campi, da quello sistemistico a quello dello sviluppo.

Soprattutto se tra le competenze sono richieste passione e capacità di comprendere le esigenze del cliente, se poi le si condisce con la responsabilità personale e l’affidabilità si ottiene la figura ideale, apparentemente assente sul palcoscenico del mondo del lavoro oggi.

Noi continuiamo a cercare però e intanto uniamo le forze per far fronte alle esigenze di un mercato sempre più competitivo e veloce, che ci impone flessibilità di default e margini che si assottigliano, ed ecco da dove nasce il desiderio di monetizzare grazie al lavoro di altri professionisti, felicemente sulla nostra stessa barca e con le nostre stesse idee di condivisione.

Questa parte dell’articolo però non dovrebbe occuparsi di filosofia ma piuttosto narrare il post evento.

Sto attendendo ancora le liberatorie per poter pubblicare qualche scatto e rivelare qualche aneddoto, sappiate però lettori temerari che avete resistito fino alla 1110ma parola che si è bevuto, parlato, qualcuno ha imbarcato, nessuno le ha prese per fortuna (libera citazione da un pezzo di un noto cantate di Correggio) e la giornata si conclusa degnamente a cena con chi ha potuto trattenersi.

Il consiglio per gli altri e soprattutto per quelli che ci conoscono solo oggi è: - Non perdetevi la prossima! -

Enterprise OSS Team

Articoli recenti

Enterprise OSS a scuola

Dopo più di vent’anni di attività lavorativa nel campo dell’information technology, ricchi di novità nelle proposte, innovazione nei contenuti e progetti realizzativi, nell’ultimo periodo ho avuto il privilegio di iniziare questa nuova esperienza collaterale... e mi è suonato molto strano tutto all’improvviso sentirmi chiamare da vivaci adolescenti...”profe”!...

Tutto è iniziato dall’invito di un caro collaboratore e collega, l’Ing. Gian Luigi Inversini, con il quale abbiamo implementato negli ultimi anni alcuni progetti sistemistici per un cliente, ma anche abbiamo condiviso una visione di conoscenza, divulgazione e sviluppo delle tecnologie “open source”.

Avendo già appurato l’importanza strategica di questi strumenti nella realizzazione di infrastrutture e servizi nel mondo produttivo “enterprise”, spontanea è sopraggiunta la constatazione sulla grande opportunità di divulgare, ma anche trasmettere le tecniche e la filosofia “open source” alle giovani generazioni.

Lo scambio di idee a fine attività lavorativa ed il confronto su tematiche generali, col tempo si sono trasformate in una concreta occasione di attività di docenza presso un istituto di formazione professionale locale: Centro di formazione provinciale Zanardelli di Brescia, nel quale Gian Luigi svolge il ruolo di direzione tecnica, un istituto formativo dotato di grande vivacità nell’offerta formativa e molto connesso al mondo del lavoro, ed è così che Enterprise Oss è entrata a scuola.

Questi ultimi aspetti sono quelli che ci hanno molto colpito ed interessato, ed uniti alla sopraggiunta richiesta di nuovi docenti per il corso da poco attivato di “Operatore informatico” (presentata anche in un webinar EOSS 2021) hanno innescato la miccia di una nuova collaborazione.

È chiaro che l’inizio di questa nuova esperienza è stato, per il sottoscritto, paragonabile all’inseguimento del Bianconiglio in un mondo completamente nuovo e per certi versi psichedelico....

Diversi i canoni, criteri ed obbiettivi proposti rispetto al mondo aziendale e produttivo, ma anche una grande umanità ed attenzione alle situazioni ed allo sviluppo degli utenti... i ragazzi!

Riflessioni

Mi è capitato in qualche occasione degli ultimi anni, di riflettere o discutere con altri sul tempo che passa, cercando di autoconvincermi che in fondo dentro mi sentivo ancora giovane... La nascita tre anni fa dell’ultima nostra figlia, Rebecca, e l’impatto negli ultimi due mesi con una cinquantina di quattordicenni, desiderosi di “smontare e rimontare PC”, hanno decisamente demolito questa mia debole illusione, donandomi al contempo la piacevole sensazione per il fatto che il mondo nuovo avanza, con le sue energie, le sue novità, le sue aspettative...

Se poi si ha l’occasione (ed il privilegio) di essere invitati in un contesto formativo a trasmettere nozioni, consigli, passione e visione di senso oltre che tecnologica (vedi tematiche su hardware, software, networking, open source....), allora non si può che lasciar sorgere un sorriso spontaneo nell’incrociare lo sguardo di quei giovani occhi, nei quali traspare una speranza, traspare un futuro...

Dott. Alessandro Garbelli

Nel girovagare sul web da buon nerd nel 2010 mi imbattei in alcune soluzioni orientate alla sincronizzazione “cloud” per file e cartelle.

Annovero tra le soluzioni di quel periodo: Resilio, Syncthing, Pydio ed Owncloud.

I primi basati su tecnologia peer to peer molto semplici per quanto riguardava l’utilizzo, ma con dubbia gestione del dato e dei tracker.

Pydio sembrava una valida soluzione ma non mi soddisfaceva all’epoca.

Owncloud nella sua semplicità e pulizia di configurazione aveva invece attirato la mia attenzione, al punto che con la mia prima azienda diventammo partner per offrire un supporto certificato agli utilizzatori di Owncloud.

Nei primi due anni la collaborazione funzionò sia dal punto di vista tecnologico che da quello economico ma poi, improvvisamente, ci fu un cambio di rotta sulla gestione delle subscription e per i numeri che siamo soliti trattare in Italia risultò insostenibile mantenere vivo il rapporto di partnership.

Chi come me ha avuto modo di affrontare la questione capirà chiaramente di cosa sto parlando, ma chiunque può intuire cosa può aver comportato la “migrazione” obbligata alla versione Enterprise...

A quel punto, come tante volte accade nel mondo Open Source, il supporto ufficiale del prodotto risultò vantaggioso solo per aziende con strutture IT importanti.

Questo lasciò scoperto tutto un mondo di piccole e medie imprese. Mondo in cui opero quotidianamente.

Quindi che fare?

I prodotti Open Source senza supporto alimentano nel cliente la spiacevole sensazione di avere una soluzione con un pericoloso punto debole, e per chi ne fa un uso professionale è una grande limitazione.

Purtroppo talvolta l’open non viene scelto per le sue peculiarità straordinarie, ma solo in caso si decida di risparmiare con la versione community di turno.

Questi clienti non investono nulla sul prodotto perché si accontentano di avere un servizio/software/sistema che comunque funziona… Ma questo finto idillio dura fino al primo problema.

A quel punto il prodotto viene percepito come di poco valore, non affidabile o addirittura inadatto allo scopo per il quale è stato scelto, soprattutto nei casi in cui la mancata manutenzione provochi la perdita di dati.

Chi invece è cosciente della necessità di avere un supporto professionale tante volte non riesce ad ottenerlo perché le software house in certi casi pensano solo a confezionare un servizio per enti o aziende che fanno numeri, di conseguenza impongono prezzi proibitivi, non accessibili alle pmi.

Per questo quando apparve Nextcloud , proprio da un fork del progetto OwnCloud, ho apprezzato la flessibilità ed il ritorno alle origini, finalmente poteva tornare ad essere molto utile e accessibile anche al cliente medio.

Ora, fedele a questa filosofia, mi impegno giorno dopo giorno insieme ai colleghi per dare un supporto a chi investe e richiede di essere seguito professionalmente, una volta trovato il prodotto giusto naturalmente.

Per il mondo della sincronizzazione di files su cloud privato posso affermare con certezza che Nextcloud è la giusta scelta oggi!

Una migrazione multipla

Vi riporto come esempio una recente attività per la quale mi hanno contattato.

Migrazione da Owncloud installato come App su Qnap a Nextcloud su VPS Debian.

Il cliente necessitava di migrare da Owncloud 8 a Nextcloud 19!

Quindi una multipla migrazione che comprendeva un vero e proprio cambio di prodotto e ben 10 versioni di upgrade successive!

Il supporto tecnico dei ragazzi di Nextcloud è stato veramente apprezzabile e puntuale.

Non ci sono stati problemi di alcun tipo e grazie anche all’esperienza personale abbiamo impostato un sistema Nextcloud 19 con tutti i dati e metadati del cliente senza avere problemi di sorta, filesystem con snapshot e backup senza downtime del sistema.

In più ora si possono editare tutti i contenuti direttamente dal browser, quindi online, grazie alle app Onlyoffice o Collabora!

Questo è il nostro lavoro, rendere ogni giorno strategico il supporto alle medie imprese, per questo è nata ITServicenet.

Ing. Alessandro Bolgia - Ceo ITServicenet e fondatore di Enterprise OSS


Mi interessa

Open Source in Italia

Sfatiamo qualche mito sull' Open Source in Italia, a partire dalle convinzioni ancora presenti nelle pmi e in alcune pa del bel paese, che sembrano relegarlo al ruolo di fanalino di coda in termini di affidabilità.

Indice
  1. Domande e risposte
  2. Come per i social media
  3. In che senso
  4. Non è affidabile

Domande e risposte

Parlavo con la mia socia proprio ieri di un grande misunderstanding italiano, uso questo termine perché secondo me riassume i significati di fraintendimento, malinteso, incomprensione.

Provate a pensare ad un software Open Source in Italia.

Come viene percepito, qual è la prima cosa che vi viene in mente?

Lo chiedo perché sono incappato anch’io qualche volta in questo.. eehm misunderstanding.

Forse la prima risposta è questa:

1)È un software utilizzabile senza dover pagare una licenza.

Bene, ma non benissimo. State categorizzando un software per qualcosa che non è, per una features che non possiede.

Se vi chiedessi cos’è una banana mi rispondereste che non è una verdura?

Magari però vi è venuta in mente un’altra risposta che è sempre in voga quando si parla di Open Source in Italia.

2)È un software gratuito.

Anche in questo caso probabilmente non avete sbagliato in senso assoluto, ma è importante definire il contesto.

Se vi chiedessi se i social media sono gratuiti voi mi direste di sì?

Sbagliereste e non sto parlando della consapevolezza, che spero ormai si sia diffusa, che la moneta di scambio in questo caso sono i vostri dati.

Regalate informazioni su di voi in cambio dell’utilizzo “gratuito” dei social media. (Lo sapevate vero?)

Dunque se non si tratta di dati donati, in che senso i social non sono gratuiti?

Torniamo sul discorso del contesto.

I social media usati professionalmente non sono affatto gratis, e parlo di moneta sonante.

I famosi dati che regaliamo vengono infilati in algoritmi sempre più evoluti, per permettere a chi promuove prodotti e servizi di raggiungere il giusto pubblico, cioè quello che è interessato ad acquistarli.

E il servizio offerto da questi algoritmi si paga, giustamente.

Anche per il software open la situazione è analoga: gratis, libero, senza licenza ma, dipende dal contesto.

Mi spiego meglio.

Se vi offrono una macchina elettrica, diciamo una Tesla per fare un viaggio, gratis, non dovete pagare nemmeno la benzina èè (eh eh) voi sareste probabilmente piacevolmente sorpresi e accettereste subito.

Ma nessuno vi ha chiesto quanto è lungo il viaggio, nessuno vi ha detto in che condizioni è la batteria e nemmeno se avete la patente.

Insomma se dovete andare a fare la spesa probabilmente è un’ottima soluzione, anche se un po’ sovradimensionata forse (mi raccomando la patente).

Ma se dovete fare un viaggio da Milano a Tropea e rimanete a piedi a metà?

- Èèè, pazienza, non ho pagato niente, non posso chiedere niente -

Anche per l’open source funziona così

È gratis e senza licenza, ma voi avete la patente?

Sapete installarlo, usarlo, ne avete studiato le caratteristiche e vi soddisfano per le vostre esigenze?

Se lo usate a casa vostra per diletto probabilmente va benissimo.

In caso di bug, errore, fallimento di un aggiornamento o incompatibilità con un altro software ve la caverete attendendo la risposta su un blog di volenterosi, che magari hanno avuto il vostro stesso problema.

Ma se il vostro server Linux mantiene viva la posta di 10, 100, 1000 persone o più e uno stop può trasformarsi in una situazione poco piacevole, è sicuramente intelligente avere un supporto qualificato.

E quel supporto non è gratis, di nuovo giustamente.

Il mondo open è in teoria e in pratica free, si possono usare e installare liberamente i programmi, ma nessuno lo farà per voi e  nessuno vi guarderà le spalle in caso abbiate qualche problema.

La community è una delle forze dell’open, quella sì è una caratteristica che lo definisce, ed è di grande aiuto, ma nessuno è pagato per rispondervi in tempo reale e magari nemmeno dopo una settimana.

Inoltre la vera caratteristica identificativa dell’open source è il codice aperto, consultabile e modificabile.

[Definizione Wikipedia]

Questo è impagabile, favorisce l’integrazione con nuove funzionalità o meglio ancora con altri software che altri hanno già pensato.

E la cosa spettacolare è che anche le nuove versioni del software manterranno poi la loro natura aperta, per definizione.

Quindi per tutto questo, nemmeno pensabile con un software a pagamento, ritenete giusto pagare nulla?

Bhè potete effettivamente arrangiarvi, anche questa è un’opzione contemplata solo da un software open.

Se avete ancora qualche dubbio in merito installate pure Photoshop senza licenza e sperimentate per quanto tempo potrete sfruttarne tutte le funzionalità. (La pirateria non è contemplata naturalmente)

E qui veniamo all’ultima hit delle risposte possibili quando vi chiedono cos’è un software open.

È un software gratis quindi non posso aspettarmi granché e non lo sceglierò mai per lavoro

Il cerchio si è chiuso.

Gratis con tante qualità:

Non affidabile, quindi preferisco pagare un altro software che non ha tutte queste caratteristiche fighissime, ma che mi fa stare tranquillo.

Cortocircuito!

Se il problema era l’assistenza, il problema è risolto, ogni software free che si rispetti ha un supporto, purtroppo però nessuno se lo ricorda quando parla di Software Open Source in Italia.

Per rinfrescare la memora è nata Enterprise OSS nel 2019 e ha deciso che le qualità elencate non erano sufficienti, quindi “ha aggiunto un carico”:

Quindi cosa pago?

L’esperienza ventennale frutto di attività sul campo, certificazioni, formazione dei miei tecnici di riferimento.

L’ Open Source in Italia adesso è anche affidabile.

Enterprise OSS Staff

forza della community

Questa settimana vi presentiamo un contenuto particolare, si tratta di uno stralcio di una delle mail che in Enterprise OSS ci mandiamo, era così interessante che abbiamo deciso di renderla pubblica, racconta di noi e della forza della community.

Ciao Matteo,

si tratta di un caso molto interessante di gestione e troubleshooting di un problema avvenuto il 20/02/2020 presso l'infrastruttura IT dei laboratori del CERN (Ginevra), in particolare un problema concernente il sistema di storage cluster.

Dal 2013 il sistema di storage distribuito open source CEPH è diventato un punto chiave dell'infrastruttura dati del centro di ricerca, a cui si collegano centinaia di utilizzatori (prevalentemente clusters Openstack) che usufruiscono di 4 PiB (circa 4500 TeraBytes) di dati solo per la virtualizzazione..... (se si contano anche gli archivi web S3 ed i filesystems cephfs la quantità di dati raggiunge i 35PiB).

Dal 2013 non era ancora avvenuto un problema di livello "alto" come questo.

Cosa è successo?

Poco dopo le 10 del mattino di giovedì 20 febbraio il 25% del sistema storage dedicato alla virtualizzazione simultaneamente non era più online.

Dopo una prima investigazione interna (circa 2 ore) i responsabili tecnici si rivolgono alla community Ceph mediante i canali a disposizione (chat IRC, mailing lists, bug tracker) segnalando il problema.

Evitando i dettagli tecnici, è interessante notare che dopo circa 20 min dalla segnalazione, un utente Ceph indicava via chat un caso analogo a cui riferirsi e di lì a poco (1 ora dopo la segnalazione) i responsabili informatici del Cern avevano in mano una soluzione per risolvere il problema, che in altre 5 ore era completamente risolto...

Nessun dato è stato perso. Che paura!

Ovviamente l'analisi è proseguita a fondo verificando le diverse ipotesi di cause dell'errore, anche col supporto di Sage Weil (giovane inventore di Ceph) e la community Github di LZ4 (un noto algoritmo di compressione) fino a trovare e replicare la causa del problema (raro) legata proprio al comportamento degli algoritmi di compressione LZ4 in determinate condizioni sui sistemi CentOS7 ed Ubuntu 18.04.

È stata introdotta una fix al sistema LZ4 e si è verificato che nelle stesse condizioni l'errore non si è più ripetuto.

I responsabili informatici del Cern avevano attivato la compressione su Ceph nel 2019 per salvare spazio (molto…).

Morale

A loro detta da questa vicenda (direi elettrizzante) hanno imparato diverse cose:

- qualsiasi sistema informatico è fallibile

- non bisogna abituarsi troppo bene quando tutto funziona, anche per tanto tempo

- quando la mole di dati è così elevata l'utilizzo di un UNICO grande cluster storage per i servizi diventa un "single point of failure”, ora stanno introducendo altri nuovi 4 storage cluster CEPH.

Personalmente aggiungerei un'ultima cosa:

la forza della community è importante…

Anche nel nostro piccolo... impariamo dall’esperienza!

Alessandro G.

So che non vi basta e vorreste saperne di più se siete arrivati fino a qui, dunque ecco il link che ha originato queste righe

https://www.youtube.com/watch?v=_4HUR00oCGo&feature=youtu.be

Sono 30 minuti tutti da gustare, buon ascolto.

Enterprise OSS Staff

azienda distribuita

Oggi vi parlo di un modello di lavoro diverso, non so dire se sia nuovo, moderno oppure no.

Quello che so è che siamo alla ricerca di persone che la pensano come noi, quindi se al termine di queste righe vi ritroverete nelle parole che leggerete contattateci.

INDICE:

Introduzione

E così sono passati già 6 mesi,

da quando è arrivato il doppio venti ne sono successe di cose

alcune belle alcune meno, ma di quest’ultime se n’è parlato anche troppo, quindi oggi vi racconterò di come

la nostra azienda distribuita ha compiuto un anno.

Eh sì, la nostra amata filosofia di lavoro l’abbiamo già svezzata, ancora molti ci guardano con tanto di occhi quando ne parliamo, pochi osano chiedere di cosa si tratti e i più la ignorano.

C’è anche qualcuno che ci prende in giro, non riuscendo a concepire come sia possibile che talvolta ci prendiamo del tempo per noi in giorni feriali.

Tre nuove collaborazioni

Ma è anche grazie ad essa se quest’anno abbiamo stretto 3 collaborazioni importanti.

- Con Nextcloud, di cui siamo partner ufficiali per l’Italia

- Con Nethesis, grazie alla quale abbiamo arricchito la nostra offerta tecnologica

- E con RIOS, la rete italiana open source per eccellenza

Anche la nostra associazione è cresciuta, Enterprise OSS in tempo covid19 ha raccolto nuove imprese sotto la sua ala e di mese in mese si sono susseguiti webinar informativi sui più svariati temi.

È grazie alla nostra azienda distribuita se riusciamo a viaggiare per formarci dai migliori e lavorare nativamente in modo smart.

Ed è grazie a questo modello di business aperto che diamo e riceviamo lavoro dai partners di volta in volta, offrendo maggiori garanzie ai clienti e ritagliando per noi più tempo per fare ciò che ci rende più completi.

Tra queste attività ci sono gli incontri, le cene e perché no, i team building, magari in compagnia di qualche cabinato, chi è degli anni 70 o 80 apprezzerà.

Chi siamo e come facciamo

Grazie a questo modello possiamo annoverare tra le nostre fila avvocati, fisici, diversi ingegneri, programmatori, coach, comunicatori e tecnici.

Ma se ti sei già bevuto/a queste 300 parole forse ti chiederai cosa concretamente significhi “Azienda distribuita”.

L’origine di questa definizione si perde nelle nebbie di in un giorno d’inverno di qualche anno fa.

Si discuteva delle opportunità offerte da nuove tecnologie come la blockchain e di nuove esigenze come quelle della protezione dell’identità e dei dati personali.

Quella fu la scintilla dalla quale estrapolammo il concetto di distribuzione dell’informazione e provammo a immaginarlo applicato al metodo di lavoro.

Dai vantaggi del dato distribuito su più macchine -> ai vantaggi dell’ azienda distribuita su più professionisti

È così che temerariamente abbiamo iniziato a proporre ad alcuni colleghi di lavorare insieme a noi, cambiando prospettiva.

Un nuovo modello di lavoro

Il modello non è quello del

 

Quello che abbiamo pensato noi è di distribuire davvero il lavoro in base alle competenze di ciascuno, in modo che diversi professionisti, dotati di diverse abilità, potessero, seppure appartenenti ad aziende diverse, offrire a clienti comuni il massimo in termini di affidabilità e conoscenza.

Questo comporta anche il non essere legati ad una sede fisica unica e la possibilità di lavorare in mobilità, da remoto, in videoconferenza.

Non ci sono stipendi o spese fisse. Non ci sono capi reparto o responsabili d’ufficio.

Sapevamo che l’informatica offriva già da tempo gli strumenti più adatti a sviluppare un modus operandi di questo genere, ma sapevamo anche che i preconcetti dei vari professionisti erano il vero ostacolo da aggirare.

Non è facile fidarsi di un collega che entri in casa di un nostro cliente, non è facile affidarsi alle sue conoscenze

 

Non è facile dettare i tempi di lavoro in un “non ufficio”: il luogo di lavoro fisico viene meno e con esso l’abitudine, il ritmo giornaliero.

Non è facile gestire un’azienda così, è vero.

Ma per osare fino a questo punto è sufficiente aver riflettuto su un concetto molto semplice.

Non ho tempo quindi sono dei vostri

La risorsa più importante che tutti noi abbiamo è il tempo e nessuno dovrebbe permettersi di sprecarlo. Soprattutto non per soldi.

Avete mai fatto caso alle domande dei vostri colleghi?

 

L’indicatore di “anno andato bene” è quasi sempre “il fatturato”, è così perché parlare di guadagno è molto più spinoso di solito; ma quando vi è capitato di rispondere a domande in cui l’indicatore di positività fosse un altro:

 

Dunque l’idea è quella di moltiplicare il tempo a disposizione, prendendo in affitto quello di altri professionisti e questo porta a lungo andare ad una soddisfazione economica superiore.

Guadagnare meno e delegare di più oggi, per avere più opportunità di lavoro domani grazie a coloro a cui ho affidato parte del mio lavoro. E nel frattempo ottenere più tempo di qualità per noi.

Per risolvere l’equazione metaforica che al mondo è stata impostata peggio di qualunque altra, serve cambiare l’operazione tra i due fattori.

Il mantra “il tempo è denaro” si traduce di solito in questa equazione:

“Ore di lavoro” x “Costo orario” = Stipendio = Felicità

Ma in realtà l’equazione corretta è

Tempo + Denaro = Felicità

e chi vuole avere [tempo + denaro] deve necessariamente fare qualcosa di diverso da quello che ha sempre fatto.

Tra le soluzioni certamente possibili noi abbiamo scelto l’azienda distribuita.

Se ti interessa saperne di più: iscriviti alla nostra newsletter o scrivici qui info@enterpriseoss.com,

un’altra arma segreta di chi come noi abbraccia questa filosofia è la grande apertura alle nuove idee e a nuovi potenziali collaboratori.

Matteo Marcato - CDS 

documentare il FOSS

Prima di preparare queste poche righe ho fatto l’errore di leggere il blogpost che subito mi precede, scritto da uno dei miei co-founders in Enterprise OSS.

Non si può ‘competere’ in quanto a storytelling, quindi decido di giocarmela sul fronte della brevità. Uso di proposito le virgolette quando parlo di competizione, perché in questo caso la vedo come una rivalità sana e giocosa, che all’interno dell’associazione ci porta a confrontarci con l’obiettivo finale di creare valore per il nostro progetto comune.

Con questa premessa, che già da sola rischia di minare il mio obiettivo di essere sintetica, condivido di seguito qualche riflessione sull’importanza di documentare librerie e altre componenti FOSS utilizzati in un progetto software.

“The Company Technology and the Deliverables do not, and will not, contain any:

(a) viruses, other disabling or damaging codes, or

(b) third party or open source software that is not identified in writing by Company prior to and during the development process;

provided, however, that prior to the use of any third party or open source software, and as a condition thereto, Company will provide to Buyer the completed written list identifying such third party or open source software, as well as the name of the licensor and a copy of or reference to the license terms;

and Company will warrant to Buyer that it shall comply with the terms and conditions of such software”.

Dipendenze FOSS

Per i non anglofoni, questa è una clausola estrapolata da un contratto di licenza software, che prevede a carico dello sviluppatore

(i) l’obbligo di fornire un elenco scritto di tutte le dipendenze FOSS;

(ii) indicando il licenziatario e i termini della licenza;

(iii) garantendo che tali dipendenze non limitino i diritti di uso previsti dalla licenza.

In questo caso, il ‘Buyer’ era una società con competenze specifiche nel settore, ma clausole di questo tipo stanno sempre più prendendo piede in contratti di licenza o di outsourcing software, anche per incarichi contenuti e/o che non coinvolgono operatori esperti. La tendenza è in questo senso e occorre essere pronti.

In progetti strutturati, ancora di più se sviluppati in team, non è semplice tenere sotto controllo tutte le dipendenze e creare la relativa documentazione. Occorre, quindi, adottare un metodo che permetta di farlo nella maniera più corretta e meno dispendiosa possibile.

Dal punto di vista tecnico, ci sono diversi tool che analizzano il codice e preparano in maniera automatica un report sulle dipendenze FOSS, relativa licenza e licenziatario (tra i più famosi FOSSA, ma anche White Source Software offre strumenti per la FOSS compliance).

Tecniche e procedure

Aver individuato le dipendenze FOSS, però, è solo un primo passo. Occorre anche valutarle e assicurarsi che non presentino vincoli o limiti rispetto alla distribuzione del software secondo il modello che lo sviluppatore ha individuato (da ricordare in particolare il tema delle licenze copyleft, di cui abbiamo già parlato qui).

La soluzione è tendenzialmente una sola: PROCEDURE, che siano procedure mentali per uno sviluppatore che lavora da solo – e così sostanzialmente una check-list di aspetti da verificare per ridurre potenziali rischi, o procedure vere e proprie per realtà di più grandi dimensioni – e così documentate in prassi e linee guida interne. Su quest’ultimo fronte, la Linux Foundation mette a disposizione dei template generici di documenti per la compliance FOSS, che potete trovare qui.

Naturalmente, si tratta di bozze generali da adattare al caso concreto…per un’azienda con 3 sviluppatori non ha molto senso adottare un modello come quello proposto da Linux Foundation che prevede un ‘FOSS Steering Commitee’ e un ‘FOSS Compliance Officer’.

Infine, un altro motivo per adottare un approccio attento nell’utilizzo di dipendenze FOSS: sono gli stessi sviluppatori FOSS che chiedono a chi utilizza e/o distribuisce il loro lavoro di adottare alcuni accorgimenti. Queste per esempio le richieste nel caso della semplicissima licenza Free BSD (o BSD 2 clauses): includere in tutte le distribuzioni, che siano codice sorgente o binario:

(i) la copyright notice;

(ii) le condizioni di utilizzo;

(iii) l’esclusione di garanzia.

Le procedure di compliance FOSS sono quindi a servizio di una corretta gestione sia nei confronti dei clienti, che degli sviluppatori originari delle dipendenze.

Avv. Cosetta Masi 

 

finalmente è venerdì

E finalmente è venerdì, è arrivato ed è carico di tutta l'attesa per il weekend.

Accendo la radio e trasmettono l’oroscopo, una voce acclama: - Non c’è mai stata una condizione così ideale per il tuo segno, i pianeti sono allineati perfettamente, una combinazione su un milione. Puoi fare qualsiasi cosa!-.

- Cosa voglio di più - penso e pieno di energia comincio la giornata.

Quindi ricapitolando il piano di oggi è il seguente:

 

Ma come c’era da immaginare, non va proprio così

Questo giorno della settimana è così, è un po’ pazzerello, come il lunedì e ci fermiamo qui.

Ma ATTENZIONE è venerdì, quindi come sempre ci accingiamo a riempire la “cartelletta del venerdì “ che chiameremo per comodità CDV.

Come suggerisce l’acronimo CDV questo oggetto contiene dei manoscritti, (alcuni in lingue ormai perdute non traducibili), su riti e attività da svolgere per verifica-capi-informa-testa-re le infrastrutture Proxmox VE.

Di solito il compito di aprire la mistica CVD ed eseguire i riti imposti, con tanto di abito cerimoniale, vengono assegnate a rotazione ogni settimana a 2 discepoli del nostro team.

Sì 2, perché sistematicamente il primo è malato per questa attività.

Allora fatta la vestizione, estratti i manoscritti e fatti i riti propiziatori, si inizia una infinità di checklist su test e verifiche di tutti i problemi che potrebbero avere le infrastrutture Proxmox VE nostra e dei nostri clienti.

E prima di tutto c’è il momento dell’estrazione ed una voce profonda accompagnata da tamburi annuncia:

- Oggi venerdì 17 avranno l’onore di avvicendarsi al CDV ‘Daniele Corsini’ e ‘Corsini Daniele’ -

Qualcosa non ha funzionato

No! Qualcosa non ha funzionato nella generazione dei turni. Io dovevo essere escluso. Non posso tirarmi indietro dato che il programma di generazione turni è il mio.

Quindi pieno di orgoglio esclamo: - Certo è Venerdì 17 quindi ho voluto io a tutti i costi fare il turno proprio oggi! -

Mentre nella mia testa una frase rimbomba - Maledizione! Maledizione! -

Sono troppo pigro per mettermi a guardare quelle infinite check list e fare tutti i test e scrivere i risultati ed inviare mail e poi archiviare. Sembra una scena Fantozziana.

- Non può finire così la mia vita… -

Mi sorgono delle domande.

- Cosa faccio quando voglio sapere il mio stato di salute? - Vado dal dottore.

- Ok, ma il dottore cosa fa? - Mi guarda e cerca di capire dalle mie informazioni cosa ho che non va.

- Ok, poi il dottore cosa mi dice? - Fa una diagnosi su di me e mi dà un responso.

Una soluzione

A partire da queste semplici domande Corsinvest ha sviluppato un sistema di diagnostica per le infrastrutture Proxmox VE.

A fronte di una raccolta di dati funzionali vengono eseguiti dei test per produrre una diagnostica di 3 tipi:

E molto altro.

Non è da confondere con un sistema di metriche perché:

Tutto questo avviene rispettando l’inconfondibile stile Corsinvest basato su due must: chiarezza e facilità d’uso.

Grazie a questo strumento ora è possibile avere risposte in tempo reale, senza dover delegare del lavoro a qualcuno.

Quindi anche questa volta possiamo metter la coccarda di “lavoro semplificato e cliente felice”.

Non prima di aver specificato però che la diagnostica viene rilasciata in 2 modalità:

Inoltre nella Toolbox sono presenti funzionalità avanzate per esportazione e notifica via mail, che nella prima modalità non sono presenti, oltre a tutti gli altri tools di Corsinvest, sempre fruibili via web e in continua evoluzione.

Ma la vera morale di questo racconto è: - Mai credere all’oroscopo, soprattutto quando finalmente è venerdì. -

Daniele Corsini - Ceo e sviluppatore di Corsinvest.

podcast open source

Nell’era della comunicazione il re dei sensi è la vista.

Non è un caso che negli ultimi anni personaggi pubblici come Marco Montemagno abbiamo avuto grande successo consigliando e soprattutto mettendo in atto il mantra

1 video al giorno

Secondo lui e molti suoi emuli è una strategia necessaria (ma non sufficiente) per aumentare visibilità e tutto quello che ne deriva, brand awareness, opportunità, vendite ecc..

Quindi un video al giorno, 365 video all’anno?

Si perché internet non chiude mai, soprattutto non chiude nel weekend quando molte più persone spostano la loro vita sociale su facebook, instagram, tik tok ecc..

Ovviamente non è nemmeno pensabile per la maggior parte delle attività, che ritengono, comunque a torto, la creazione di contenuti per il web una perdita di tempo e spesso non decidono nemmeno di demandarla a professionisti del settore.

Inoltre si deve avere qualcosa da dire e anche una presenza accettabile per andare in video, non tutti sono disposti a mettersi in prima persona per obbedire al fantomatico dettame: - Mettici la faccia! - L’azienda sei tu! - Non vendi prodotti vendi te stesso - ecc..

Allora come si fa?

Anche per i meno coraggiosi o i meno avvezzi ad esibirsi, che dir si voglia, c’è una soluzione.

Bisogna coinvolgere un senso spesso dimenticato, ma che ha permesso alla radio di sopravvivere alla nascita di tutti questi antagonisti: televisione in bianco e nero, televisione e colori, computer, cinema, internet, spettacoli 3D.

Si tratta dell’udito.

In Enterprise OSS fin dall’inizio abbiamo affiancato a blog, newsletter, sito web e canali social tradizionali anche un altro canale, il podcast.

Oggi in breve voglio darvi qualche dritta su come potete fare a crearvi il vostri contenuti audio personalizzati e con uno strumento open source.

La lista della spesa per creare un podcast di valore

  1. Un microfono
  2. Un contenuto da portare in audio
  3. Un software di registrazione ed editing audio
  4. Un canale dove distribuire il vostro podcast
  5. Creatività

Oggi vi parlo del punto 3 e 4, i segreti nascosti sotto al punto 1 li smaschererete facilmente facendo qualche ricerca online tra microfoni cardioidi e omnidirezionali di tutte le fogge.

Per quanto riguarda il punto 2 e 5 se ne siete sprovvisti posso consigliarvi di chiedere informazioni qui -> info@cdsrs.net, troverete i professionisti che si occupano di gestire la comunicazione per Enterprise OSS.

Ma torniamo al punto 3

Il software open di cui vi ho parlato è Audacity https://www.audacityteam.org/

Si tratta di un ottimo strumento, intuitivo e potente e come spesso accade per i software open source, multipiattaforma. Vi permetterà di montare diverse tracce audio a vostro piacimento, impostare filtri, giocare con gli spettri sonori.

La qualità del risultato naturalmente dipenderà poi dall’attrezzatura di registrazione.

Se dal punto 1 al 3 credete di avere tutte le carte in regola allora vi mancherà solo un canale.

Anche qui vi do un paio di suggerimenti

Spreaker https://www.spreaker.com/

e Anchor https://anchor.fm/

Si tratta di due canali, due piattaforme di distribuzione di cui magari parleremo più ampiamente in futuro.

Grazie ad entrambi il vostro podcast verrà inviato sui canali musicali più famosi, da spotify a google podcast da deezer ad apple podcast.

Si può partire anche da un profilo completamente gratuito, ma comunque professionale e a seconda delle esigenze poi evolvere verso piani a pagamento più o meno ricchi di opzioni.

Dunque il vostro budget è risicato, non bucate il video ma comprendete il potere dei contenuti audio?

In un mondo sempre più digital e comandato dalla voce, (si veda il capitolo assistenti vocali e l’avanzata di Alexa), avere questa carta da giocare per il vostro business potrebbe fare la differenza e direzionando i fondi verso le persone giuste potreste avvantaggiarvi sui vostri competitor, prima che diventi ovvio per tutti.

E se volete vedere il risultato di tutto questo provate ad ascoltare questo articolo in podcast qui -> https://www.spreaker.com/episode/26279386

Alla prossima settimana.

Enterprise OSS Staff

Nel fresco dei primi di febbraio ci sembrava giusto fare una capatina in Olanda per entrare nel cuore pulsante delle tecnologie di storage distribuito (progetto Ceph). Tutto è nato in realtà in una calda estate quando tra installazioni di server in modalità cluster e configurazioni sistemistiche personalizzate abbiamo sentito l’esigenza di “saperne di più”, entrare nei dettagli e nel cuore della filosofia di distribuzione del dato su storage. La proposta di Alessandro B. (sempre lanciato verso i confini della conoscenza) è stata subito allettante:un corso ad Amsterdam da uno dei protagonisti del progetto open source Ceph (Wido den Hollander). 

Dopo qualche mese di allineamenti logistici finalmente ci siamo!Partenza da un luminoso pomeriggio veneziano, arrivo  in una uggiosa serata olandese (freschino!). Altri trasporti vari e finalmente all’hotel (Italian style) nel ridente borgo di Baarn, con tetti aguzzi ed atmosfera gotica. 

Che impressione veder circolare nella fredda serata più biciclette che automezzi!

La due giorni di corso

Dopo la prima nottata poco dormita (complice un termosifone poco funzionante… e un po’ di tensione) una bella due giorni full immersion nella quale ritrovare elementi noti, scoprire caratteristiche e funzionalità di uno storage distribuito basato su Ceph, aprire nuovi scenari di approccio ed utilizzo di questa tecnologia intelligente, open e all’avanguardia. 

Il contorno poi dei canali di Amsterdam (da certi scorci sembrava di essere tornati in laguna a Venezia), le casette colorate un po’ inclinate, i dolci zuccherosi, la cordialità nordica.

E poi la sensazione di giovane vitalità ordinata che percepivo nelle strade, nelle piazze, tra la gente, ha riempito questa “trasferta formativa” di toni e colori luminosi ed accesi pur sotto le piogge del mare del Nord! 

Si conferma una mia convinzione: uscendo dalle proprie certezze, incontrando gli altri si impara sempre qualcosa di nuovo e si ritorna tutti più ricchi! 
Questi sono gli appunti di viaggio che volevo regalarvi oggi. 
Buono sviluppo a tutti. 

Dott. Alessandro Garbelli

smart working

Questa settimana prendiamo spunto da alcuni articoli, uno preso dal sito Ansa.it

https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2020/02/24/coronavirus_c624c27e-1e0f-4367-8c09-e66861142ff7.html

E l'altro scritto da uno dei nostri associati: la Nexsys di Francesco Pandiscia e rilanciamo il tema dello smart working

https://www.nexsys.it/blog/il-presente-e-smart-il-futuro-e-seaside/

L’attualità, che ci impone restrizioni e le misure prese per limitare la diffusione del virus covid-19 più noto come coronavirus, hanno portato alla ribalta un tema a noi molto caro.

In Enterprise OSS abbiamo adottato da tempo la logica di azienda distribuita, aggettivo mutuato dal mondo dei database, degli storage o anche delle moderne tecnologie blockchain.

Nel nostro caso si tratta dell’estensione del concetto di lavoro da casa o telelavoro o appunto smart working.

Questo ci permette di lavorare in luoghi remoti dando assistenza professionale a chi la richiede, ma lo facciamo anche confrontandoci in videoconferenza e cooperando in modo concorrente su file e dati comuni in tempo reale.

Strumenti:

Uno degli strumenti che ci aiuta a svolgere queste attività è sicuramente Nextcloud del quale ITServicenet, tra le aziende fondatrici di Enterprise OSS, è divenuta nel 2020 partner italiano ufficiale.

Azienda distribuita significa anche più sedi fisiche in cui incontrarsi nel caso in cui la virtualità non sia sufficiente.

È così che possiamo incontrare al nostro laboratorio in Lombardia dei nuovi associati o partecipare ad un evento fisico in una sala conferenze del Veneto, il tutto grazie alla rete che abbiamo creato che ci permette di lavorare in diversi luoghi contemporaneamente.

Naturalmente gli strumenti che usiamo ci permettono di mantenere il nostro lavoro al sicuro.

Nextcloud infatti è ospitato sul servers proprietari e in datacenter europei, dunque gdpr compliant.

Gli associati dunque godono dei vantaggi derivanti dalle conoscenze condivise e del networking che l’associazione stessa favorisce con gli altri componenti.

Ma offre anche assistenza su strumenti digitali come quello sopracitato e luoghi fisici delocalizzati ben più comodi di una sede legale unica.

Un esempio:

Di seguito mostriamo un semplice esempio di lavoro in mobilità svolto esclusivamente con un smartphone sul quale è installata la versione mobile di Nextcloud, sincronizzata con il nostro server centrale.

https://youtu.be/gtbgagy-QoY

Noterete come i dati raccolti tramite scansione vengano poi messi a disposizione di tutti tramite il cloud senza lasciare traccia sullo strumento, questo mette in luce due vantaggi importanti:

1. Lo spazio sul dispositivo mobile rimane libero. 

2. Le informazioni vengono messe al sicuro e sono sempre accessibili, previa conoscenza degli accessi alle cartelle condivise del drive.

Gli eventi infausti che in questo periodo storico stanno ostacolando le attività del quotidiano e in generale spaventando molte persone, possono essere annullati, almeno dal punto di vista della produttività.

È sufficiente adottare la filosofia dello smart working e avvalersi di strumenti intelligenti che ci permettano di continuare a lavorare al sicuro da virus informatici, come si è soliti pensare, ma anche da quelli biologici.

Alla prossima settimana.

copyleft open source

Le licenze Open Source

Sappiamo cosa sono le licenze software (se non lo sapete, o ve lo siete dimenticato, ne ho parlato in questo post). Le licenze però non sono tutte uguali – neppure all’interno della categoria Open Source. La differenza più nota è tra licenze non-copyleft (o permissive) e licenze copyleft (o non permissive).

Facciamo un passo indietro: cosa sono le licenze Open Source? Solitamente si fa riferimento alla definizione fornita dall’Open Source Initiative (OSI), in particolare all’elenco delle caratteristiche obbligatorie per poter classificare una licenza come Open Source.

Ecco le principali:

1. Distribuzione. La licenza deve dare il diritto di ridistribuire il software, da solo o come parte di un lavoro più complesso;

2. Codice Sorgente. La licenza deve prevedere il diritto di ricevere il codice sorgente del software;

3. Diritto di modificare. La licenza deve prevedere il diritto di modificare il codice e di distribuirlo nella versione modificata;

4. Gratuità. La licenza non può prevedere il pagamento di un compenso.

I punti dell’elenco creato da OSI sono 10, ma diciamo che questi sono i più caratterizzanti.

Copyleft // Non-Copyleft

La differenza tra licenze copyleft e non copyleft ruota attorno ai punti 1 e 2: ovvero la modifica (o la creazione di lavori complessi) e la redistribuzione del software.

Nel caso di licenze non- copyleft, il codice potrà essere modificato e/o utilizzato come parte di progetti più ampi, e il risultato potrà essere distribuito sotto una licenza liberamente scelta dall’autore delle modifiche e/o del progetto (anche una licenza proprietaria).

Nel caso di licenze copyleft, invece, eventuali modifiche o lavori complessi dovranno essere redistribuiti utilizzando la medesima licenza. A volte si parla di effetto ‘virale’ delle licenze copyleft, in quanto ‘contagiano’ gli ulteriori elementi di software con cui vengono combinate.

Esempi classici delle prime sono le licenze MIT, BSD (in tutte le versioni) e Apache. Per quanto riguarda le licenze copyleft, possiamo pensare alle licenze della famiglia GPL (Gnu Public License).

Ma qual è il perimetro dell’effetto virale delle licenze copyleft? Nel caso di modifiche al codice originario, non c’è margine per dubbi e sarà necessario applicare la licenza originaria. Nel caso di lavori complessi, invece, diventa più difficile individuare i confini e viene in rilievo il concetto di ‘programmi derivati’. Sorpresa sorpresa: non esiste una definizione univoca, ma possiamo comunque trovare qualche linea guida. Per esempio, se il lavoro complesso contenente anche codice licenziato sotto una licenza copyleft viene poi compilato in un unico eseguibile, si ritiene con relativa certezza che si tratti di un lavoro derivato che deve quindi essere distribuito con la medesima licenza copyleft. Se, invece, gli eseguibili sono diversi ci sono molti più elementi da tenere in considerazione, e molte meno certezze.

L’effetto espansivo/virale è mitigato nelle licenze cd. ‘weak copyleft’. La più famosa è la LGPL (Lesser Gnu Public License), pensata per le librerie. In questo caso, le modifiche fatte alla libreria devono essere distribuite con la medesima licenza, mentre invece il software esterno che chiama la libreria non verrà considerato un lavoro derivato e potrà continuare ad essere distribuito con una licenza diversa.

E quindi?

Occorre fare attenzione alla licenza di librerie e altre componenti software che vengono utilizzate in un progetto, e alla possibilità che una licenza copyleft ‘contagi’ un intero progetto, escludendo non solo la possibilità di distribuirlo con licenza proprietaria, ma di distribuirlo con qualsiasi licenza diversa dalla licenza originaria. Naturalmente, per le realtà che basano il proprio modello di business sull’ottenere un pagamento per concedere licenze, questo sarebbe un problema molto serio.

D’altra parte, i modelli di business possono essere diversi. Il software di per sé potrebbe continuare a essere concesso con licenza Open Source (la licenza copyleft di cui si diceva), senza ottenere alcun pagamento. La remunerazione potrebbe essere collegata a servizi di installazione e/o supporto sul software, così come dalla fornitura di garanzia o altro tipo di utilità.

Un chiarimento. È sbagliato pensare che con una licenza permissiva (non copyleft) la libertà sul software sia assoluta. Anche questo tipo di licenze prevedono obblighi. Per esempio, la versione semplificata della licenza BSD (quella ridotta a due clausole) richiede che siano riportate in tutte le copie del software (i) il testo della licenza – ed in particolare l’esclusione di garanzia; e (ii) la copyright notice. Quindi, tutte le licenze – per quanto open – prevedono alcuni obblighi per chi ne fa uso…senza entrare qui nel merito della folcloristica ‘do the fuck you want public license’ che, più che un concreto modello di licenza, sembra voler essere un atto di ribellione verso la rigidità e il dilagare delle licenze copyleft.

Avv. Cosetta Masi - Studio Masi https://www.avvocatomasi.com/

open source e comunicazione
Oggi vi parliamo di un argomento nuovo, l’open source al servizio della comunicazione.
Wikipedia definisce la comunicazione così
Per comunicazione (dal latino communico = mettere in comune, far partecipe) si intende il processo e le modalità di trasmissione di un’informazione da un individuo a un altro (o da un luogo a un altro), attraverso lo scambio di un messaggio elaborato secondo le regole di un determinato codice.”
La comunicazione del 2020
è una cosa seria nel mondo del business, lo è già da un bel po’ in realtà, anche se molte pmi (piccole e medie imprese) sembrano ancora ignorarlo.
Tutto il mondo del marketing e dell’intrattenimento usano metodi sempre più raffinati dal punto di vista comunicativo, per poter essere più efficaci e raggiungere il proprio scopo con maggiore successo.
Negli ultimi anni inoltre i mezzi di comunicazione grazie ad internet si sono moltiplicati, pensate soltanto a quante piattaforme esistono, dai social media, sempre più presenti nelle vite di tutti, agli ecommerce di ogni genere, passando per blog, siti web, app sui dispositivi mobili.
Sono tutte vetrine dove si comunica qualcosa e incredibilmente la creazione di questi contenuti viene ancora oggi sottovalutata.
È come se un moderno Lucignolo (azienda) volesse portare con se un Pinocchio (cliente) nel paese dei balocchi, ma fosse muto, immobile e cieco, non potrebbe descrivere quel luogo in alcun modo e il paese dei balocchi non verrebbe mai scoperto da Pinocchio.

Come dite?

- Meglio così, perché il paese dei balocchi è un luogo di perdizione? - In realtà è soltanto una versione immaginaria di Gardaland o di Disneyland (molto reali), solo che non ci sono orari di chiusura e non servono i soldi per mangiare tutto quello che si vuole.
Vedete? Il marketing è semplicemente la realtà resa affascinante [Jay Conrad Levinson, padre del guerrilla marketing]

È un po’ quello che accade a molte pmi

che vorrebbero mostrarsi al mondo ma non hanno mai un budget riservato per questo, la creazione di una vetrina moderna, quindi anche digitale è sempre un plus non necessario.. e intanto Amazon domina sempre di più la scena mondiale e al suo fianco gli altri colossi che hanno deciso di usare le loro finissime armi di comunicazione efficace.
Tra i tanti ostacoli (o scuse), che gli imprenditori trovano sul loro cammino comunicativo verso i loro clienti, ci sono i costi degli strumenti per la realizzazione di contenuti accattivanti.
Questo breve articolo è rivolto proprio a voi, eroi del 2020, voi imprenditori che vorreste ma non potete (volete) permettervelo o non sapete da che parte cominciare a comunicare.

Iniziamo dagli strumenti che utilizziamo in Enterprise OSS

che come potrete immaginare strizzano l’occhiolino all’open source.
Creare un blog o un sito web professionale: al tal fine potete usare Wordpress, strumento open e anche gratuito per buona parte delle sue funzionalità.
Elaborare contenuti immagine: per fare questo potete usare Gimp, strumento molto potente di fotoritocco e disegno, non sarà Photoshop, ma anche in questo caso potete avere tra le mani diversi pennelli senza dover sostenere costi di licenza.
Registrare video: per andare in diretta sui social o addirittura usufruire di una cabina di regia con più fonti audio e video c’è OBS Studio, altro strumento open source di grande valore.
Siete degli amanti della voce? Bene potete creare i vostri contenuti audio, montarli, editarli, trasformarli con Audacity e di nuovo non pagherete royalty a qualcuno.
Si potrebbe continuare con strumenti per il montaggio video, per il mail marketing, per la gestione dei vostri file e i dati dei clienti.
Ma non serve realizzare liste troppo articolate, il concetto chiave è che strumenti open source e spesso in prima battuta gratuiti, sono disponibili per il mondo dei professionisti, Enterprise OSS li usa quotidianamente.

Naturalmente servono delle figure

che sappiano come usarli e vi possano assistere in questo.
Infine serve anche un fattore non comune a tutti, la creatività e la capacità di realizzare un contenuto, anzi il contenuto che il cliente vuole vedere, e anche per questo c’è chi può assistervi.
Quindi l’open source può risultare un grande alleato anche quando si parla di comunicazione professionale.
In Enterprise OSS lo sappiamo fin dall’inizio, del resto ci occupiamo di open source per il business, non potrebbe essere altrimenti.

Associazione Enterprise OSS

Ok l’ Associazione Enterprise OSS nel 2019 è nata, abbiamo iniziato ad apparire sul web, vi raccontiamo settimanalmente di progetti open source e dell’evoluzione di questo mondo, ma cosa succede davvero nel classico incontro settimanale di Enterprise OSS?

Qualcuno ce lo ha chiesto e allora vi raccontiamo l’ultimo

Ore 9.30

Incontro presso EOSS Lab, dove al solito qualcuno (vero Ale?) non si fa trovare presente

Ore 9.32

[suono che indica l’arrivo di messaggio whatsapp]

- Arrivo tra 5 minuti, sono al telefono con il cliente XYZ -

Ore 10.00

Inizia l’incontro

L’ordine del giorno è il seguente:

1. Primo argomento di giornata

Progetto EOSS Academy

Nel 2020 l’Associazione Enterprise OSS ha deciso di strutturare la formazione avvalendosi di un consulente che ci può guidare al fine di ottenere finanziamenti per questa mission.

L’obiettivo è quello di offrire agli associati e alle loro aziende una formazione dal valore importante e che si svolga attraverso diversi moduli al costo minore possibile per loro.

Sono previsti 5 temi principali all’interno dei quali si dipaneranno diversi seminari di interesse.

Sistemi / Infrastruttura: virtualizzazione, storage ..

Sviluppo / Software: container, tools, metriche ..

Applicativi: nextcloud, urbackup, pfsense ..

Aspetti Legali e di sicurezza: licenze, gdpr ..

L’open source al servizio della comunicazione e del marketing: blog, podcast, webinar ..

2. Secondo argomento di giornata

Seminari Associazione Enterprise OSS nel 2020

Abbiamo un ventaglio interessante di proposte di seminario che vengono dagli associati quest’anno

  1. Aspetto legale del licensing
  2. Toolbox di Corsinvest, strumenti grafici molto interessanti per ogni IT Manager che voglia monitorare le proprie virtual machine, cluster, hardware ecc..
  3. Intelligenza artificiale moderna, l'idea è di mostrare esattamente quali siano le frontiere oggi e quali sono le cose migliori che l'AI e il data science possono realizzare
  4.  Docker e Kubernetes
  5. Hybrid Identity, Office 365, Sicurezza Informatica
  6. Seminario su router Mikrotik
  7. Finanziamenti nazionali e regionali per la formazione e per investimenti in ottica industria 4.0

 

Ore 12.00

Ci trasferiamo presso la sede di uno degli associati e beviamo un meritato caffè fatto con moka e tanto amore.

Poi sale in cattedra Daniele e sfodera i suoi pericolosi pennarelli colorati, fidati compagni di briefing che lo aiutano a trasformare in concetti fruibili a tutti gli esseri umani i suoi tumultuosi pensieri da programmatore iperattivo.

Ore 13.00

3. Terzo argomento della giornata

Progetti e attività in corso

- Stiamo accelerando per un importante paternariato e speriamo si possa rendere pubblico presto

- Ai primi di febbraio i nostri due Ceph master Ale B. + Ale G. saranno in Olanda per un corso di approfondimento importante, che ci permetterà di sfoggiare ancora più charme nell'utilizzo di questo portentoso strumento.

- Scambio di idee su un paio di progetti su clienti condivisi da chiudere.

Ore 13.30

Viene presentato il nuovo spazio dove gli associati potranno fruire dei contenuti registrati durante i seminari, del materiale proiettato ecc.. è un gruppo telegram, soluzione scelta dagli associati stessi nel quale i contenuti saranno liberamente fruibili, oltre ad essere un punto di incontro e scambio di idee.

Ore 13.45

Raccomandazioni: al contrario del canale, tutti potranno scrivere, la moderazione è a carico del sottoscritto - Mi raccomando comportatevi bene -

È tutto per oggi, come dite? Nemmeno un video o una prova di tutto questo.. associarsi per credere

Scopri l’ Associazione Enterprise OSS -> https://www.enterpriseoss.com/open-source-network/

open source 2019

Questo articolo è tratto da uno più esteso di Amanda Brock, CEO di OpenUK che ci racconta cosa è successo nel mondo open source nel 2019

Trovate l’originale qui

https://www.information-age.com/7-game-changing-moments-open-source-technologies-2019-123486710/

1. Il copyright e i brevetti nel software open source potenziano l'open source

Open Invention Network (OIN) , il pool di brevetti open source che protegge Linux, ha raggiunto un punto di riferimento di 3.000 licenziatari nel 2019, rendendo OIN il più grande gruppo a difesa della proprietà intellettuale della storia e, come tale, il più grande pool di brevetti difensivi. 

Naturalmente, difende Linux, lavorando a stretto contatto con la Linux Foundation, ma oggi ha un mandato molto più esteso, con una suite più ampia di software open source che rientra nella sua protezione.

Le tecnologie "exFAT" di Microsoft sono state rese libere e disponibili per il kernel Linux nel 2019, portando la tecnologia chiave di Microsoft, storicamente utilizzata per contrastare l’open source, alla comunità open source stessa. 

Anche con l'adesione di Microsoft a OIN nel 2018, alcuni hanno dubitato delle buone intenzioni dell’azienda, ma l’apertura del codice da parte di Microsoft porta di fatto i brevetti exFAT a far parte del pool di brevetti OIN. Questo è concesso in licenza incrociata a costo zero per chiunque si iscriva a OIN.

"L’ affidamento all'open source nelle imprese è necessario per la trasformazione digitale"

E come affermiamo anche noi di Enterprise OSS : l'open source è un modo collaborativo e sociale per creare software in modo trasparente. E le imprese stanno iniziando a prenderne atto.

2. Aperti ad un movimento globale che sta prendendo piede

Abbiamo osservato movimenti globali nella direzione dell’open source nel 2019. I laboratori di innovazione tecnologica delle Nazioni Unite hanno istituito un comitato consultivo per la proprietà intellettuale e open source. 

È il primo del suo genere in un'organizzazione sovranazionale che supporta il codice aperto in conformità ai requisiti del USAID Digital Principle 6 per utilizzare Open Source, si tratta di standard e dati open validati da un Board composto da membri della comunità open source.

Ma le Nazioni Unite non sono le sole a utilizzare l'open source per il bene comune. La piattaforma di pagamento di provenienza aperta Mojaloop della Bill and Melinda Gates Foundation è in fase di sviluppo e implementazione in tutta l'Africa, offrendo servizi bancari a chi non può fruirne attraverso l'open source.

3. Progressi del governo e del settore pubblico

#OSSBeyond 2020 è stato lanciato dalla DG Connect della Commissione europea, con un seminario di due giorni e la Commissione ha indetto una gara d'appalto. Infine, la Commissione e gli Stati membri si adopereranno per rispettare l'impegno della Dichiarazione di Tallinn dal 2020 in poi.

Attendiamo con impazienza una serie di attività della DG Connect nei prossimi mesi a mano a mano che crescerà la loro consapevolezza, questo potrà portare ad un più rapido sviluppo dell’open in Europa.

4. L'open source guida la più grande transizione tecnologica della storia

In seguito all'acquisizione open source di Microsoft di GitHub nel 2018, IBM ha ottenuto l'approvazione delle autorità antitrust e della concorrenza per consentire l'acquisto di Red Hat , la più grande azienda open source del mondo, con un record di 34 miliardi di dollari. 

Ad acquisizione conclusa, il 9 luglio, l'amministratore delegato di Red Hat, Jim Whitehurst ha dichiarato: “Unire le forze con IBM offre a Red Hat l'opportunità di portare più innovazione open source a una gamma ancora più ampia di organizzazioni e ci consentirà di scalare per soddisfare l'esigenza di soluzioni di cloud ibrido che offrono vera scelta e agilità.”

5. Modelli di business open source e significato di open source

Un dibattito sta imperversando negli ultimi anni, poiché l'open source ha raggiunto la maturità nel mondo dell'impresa e diventare una parte preziosa dell'ecosistema enterprise non ha solo significato un flusso di denaro di segno positivo nel mondo open con le vendite di GitHub e Red Hat, ma anche che molte aziende vogliono inserire l'open source nel loro modus operandi, e di questo gli sviluppatori open hanno risentito a causa del riutilizzo dei loro prodotti basati su codice open source per il business, la qual cosa ha inciso sui loro modelli cosiddetti “open source pure play”.

Aspettiamoci di vedere molto di più su ciò che significa open source, di scoprire quali modelli di business funzioneranno, di rilevare tentativi di modificare le licenze.

Vi saranno discussioni su cosa significhi realmente Open Source e se è possibile fare soldi in una "società Open Source" o se questo modello di business funzioni solo per le fondazioni, come Linux Foundation, Apache o Open Stack. Viviamo in tempi interessanti.

6. L'hardware aperto

L'hardware aperto è andato sempre più forte con RISC-V, Open Compute, OpenPower e OSHUG tra i suoi numerosi sostenitori. 

Come ha detto Ali Fenn , Chief Innovation Officer di IT Renew : “L'hardware aperto è fondamentale per consentire alle infrastrutture di scalare, a partire dai massicci data center per il cloud fino alla pmi”

“I modelli hardware tradizionali sono restrittivi, mentre le piattaforme aperte consentono accessi, economie di scala e flessibilità attraverso più modelli di implementazione e cicli di vita delle apparecchiature che ci aiuteranno a soddisfare le esigenze in modo più sostenibile e di lungo periodo.”

Che dire, la nascita di Enterprise OSS nel 2019 dopo due anni di incubazione, sembra godere di una tempistica privilegiata ma quel che è certo è che più numerosi saremo nella nostra scelta di condivisione della conoscenza, più i risultati per ciascun componente del gruppo saranno apprezzabili.

 

Scopri come associarti a EOSS -> 

 

https://www.enterpriseoss.com/open-source-network/

licenze open source

Licenza: sostantivo singolare…

L’argomento è molto ampio e ci sarebbe moltissimo da dire. Fare ordine non è facile ma abbiamo scelto di dedicare questo primo post legale ad un tema generale per non entrare subito in dettagli e temi di nicchia, senza avere prima offerto gli strumenti generali per capire gli aspetti legali del FOSS – in particolare le licenze open source.

Cosa sono in realtà le licenze open source e non

Dal punto di vista legale la licenza è un testo, indipendentemente dal formato, in cui lo sviluppatore del software elenca i diritti degli utilizzatori del software, insieme anche agli obblighi che questi devono rispettare. 

La licenza è quel testo che a volte compare al primo utilizzo di un software e che accettiamo tendenzialmente senza leggere. 

La licenza è il contratto che due società firmano, perché una possa utilizzare un prodotto software creato dall’altra.

La licenza è quel testo che viene conservato insieme al codice sorgente in repository come GitHub, a volte sotto titoli parzialmente ingannevoli come ‘README’ o ‘LEGAL’.

In tutti i casi, si tratta di un testo che descrive – a volte in dettaglio o a volte in maniera molto generale – che cosa un utente può fare con un software. Può sembrare astratto ma in realtà si tratta di riflettere su un bene immateriale come il software concetti che sperimentiamo tutti i giorni. 

Vediamo un parallelo con un contratto che tutti conosciamo

Locazione (contratto di affitto) Licenza Software
Diritto di proprietà su un immobile Diritto di proprietà intellettuale su un software (diritto di autore)
Viene messo a disposizione di un soggetto, che lo utilizza Viene messo a disposizione di un soggetto, che lo utilizza
Il proprietario prevede dei limiti (es. niente animali, niente lavori di un certo tipo, etc.). Il proprietario prevede dei limiti (es. divieto di fare copie, possibilità di utilizzare il software solamente in laboratorio, etc.).
Il bene (l’immobile) è materiale e può essere messo a disposizione solo di un soggetto. Il bene (software) è immateriale e può essere messo a disposizione di un numero infinito di soggetti.

Una curiosità

L’autore di un libro di narrativa e lo sviluppatore di un software sono equiparati: il lavoro di entrambi è protetto dal diritto di autore. 

Nel caso del software, quindi, viene protetta non la funzionalità, ma l’esatta sequenza di caratteri nel codice sorgente. Se qualcuno li copiasse commetterebbe una violazione del diritto d’autore allo stesso modo di qualcuno che riutilizza, spacciandole per creazione propria, le pagine di un libro scritto da un’altra persona. 

Il diritto di proprietà intellettuale che proteggerebbe la funzionalità di un software è il brevetto, ma il tema della brevettabilità del software è oggetto di dibattiti da decenni e di contrapposizioni molto forti. In generale, possiamo considerare brevetti sul software possibili ma molto molto difficili da ottenere, almeno nel sistema europeo (un discorso a parte meriterebbe l’ambito USA).

Gli elementi fondamentali di una licenza sono tre

Due sono soggettivi e uno oggettivo:

1.  L’oggetto della licenza, che non è il software in quanto tale ma il diritto d’autore sullo stesso.

2.  Chi la concede (licenziante – parola non troppo bella). Si tratta del soggetto che ha sviluppato il software. Può essere una persona, che ha lavorato in proprio, oppure un’azienda, i cui dipendenti hanno sviluppato il software per conto dell’azienda. 

Si può anche trattare di un soggetto che ha comprato i diritti sul software in un momento successivo, o che ha a sua volta ricevuto una licenza, che gli dà il diritto di concedere ulteriori licenze a terzi (sublicenze). 

È sempre bene verificare che il licenziante abbia effettivamente il potere di concedere una licenza. In caso contrario, il diritto derivato del soggetto che riceve la licenza non può esistere (o non esiste nell’estensione voluta), con tutti i problemi che ne seguono.

3. Chi la riceve (licenziatario – termine ancora poco poetico, ma stiamo migliorando). Si tratta del soggetto che riceve la licenza. Può utilizzare il software solamente come previsto nella licenza stessa.

Software as a service (SAAS)

La licenza è il modello più vecchio con cui si ottiene la possibilità di utilizzare un software. Il modello si sta sempre più spostando verso il software as a service (SAAS), in cui non si ottiene una copia del software installata sul nostro pc da utilizzare come previsto dalla licenza, ma si utilizza/beneficia da remoto di un software che rimane installato su un’infrastruttura di terzi. In questo caso non si parla di licenza ma di un contratto di servizi. Anche nel mondo FOSS questa ipotesi sta prendendo piede, basti pensare alle Affero Gnu Licenses. Ne sono un esempio i TOOLS di Enterprise OSS.

Una precisazione

Ho lavorato con sufficienti sviluppatori per sapere che nella maggior parte dei casi, parlando con i tecnici di licenza, il pensiero corre subito a quella parte di codice che abilita/disabilita un software rispetto a quelle funzionalità che un utente non può (o meglio, non ha pagato per) utilizzare. Abbiamo visto che dal punto di vista legale, e direi anche generale, è una cosa diversa.

Inoltre, non è detto che modalità di utilizzo non concesse dalla licenza (testo) possano essere bloccate dalla licenza (software) – in alcuni casi non esiste uno strumento tecnico per farlo. Pensiamo al caso di un software per la gestione di e-books, che viene utilizzato per leggere libri ottenuti illegalmente. 

In generale comunque la licenza (software) è uno strumento per far valere i limiti imposti dalla licenza (testo).

Cosetta Masi

https://www.avvocatomasi.com/

proposta formativa

Buongiorno a tutti,

chiudiamo l’anno con un excursus sulla proposta formativa che Enterprise OSS ha offerto nel 2019.

È stato l’anno d’esordio e siamo contenti di aver potuto contribuire con diversi argomenti di interesse per il nostro pubblico e soprattutto per i nostri associati, che hanno potuto assistere in aula ai seminari e poi approfondire di persona gli argomenti proposti.

Ricordiamo che nel 2020 chi si associa avrà la possibilità di seguire sia lezioni in aula che webinar online, inoltre il materiale sarà messo a disposizione di chi vorrà fruirne a posteriori in una sezione dedicata agli associati.

Proposta Formativa 2019

Abbiamo aperto le danze con un’introduzione a Proxmox VE, con Alessandro Garbelli che ha raccontato gli albori della virtualizzazione, il suo successivo sviluppo e nello specifico cosa significa affidarsi a prodotti open source professionali per implementarla nei propri sistemi informativi.

È stato possibile fare esperienza con il pannello di configurazione di Proxmox grazie al nostro laboratorio, che per l’occasione è stato configurato ad hoc per i corsisti in aula.

Nel secondo appuntamento si è alzata un po’ l’asticella con l’ing. Alessandro Bolgia che ha guidato gli ascoltatori tra i meandri del networking, della configurazione più fine delle VM e dello storage.

Si è parlato dei concetti di alta affidabilità, di cluster e delle potenzialità offerte dai backup e dalle snapshot, esaltate dagli strumenti sviluppati su misura per Proxmox dal team di programmatori di Corsinvest.

Non solo Open

Nel terzo appuntamento è salito in cattedra Francesco Pandiscia di Nexsys, prima azienda associata ad Enterprise OSS che ha potuto portare il suo contributo a tutti gli associati.

Francesco ci ha raccontato di come il mondo Microsoft si sia recentemente aperto all’open source, dunque alla linea di comando e molto altro.

Sono state sviscerate le caratteristiche di Windows Server 2019, sia in termini di licensing che in termini squisitamente tecnici, dal cloud alla virtualizzazione al clustering, passando per una serie di strumenti extra che “la casa di Redmond” rende disponibili ai propri clienti.

Il primo webinar

Infine a dicembre c’è stato il primo assaggio di webinar con una breve presentazione in diretta Facebook di Nextcloud, strumento che nasce come un cloud privato e che offre molteplici integrazioni con i più svariati plugin, al fine di poterne sfruttare la potenza senza rinunciare al proprio client di posta, le proprie policy e utenti di dominio o le funzionalità usate abitualmente in mobilità, rubriche, calendari, call di gruppo ecc..

Crediamo di avere realizzato una proposta formativa interessante e ci proponiamo di migliorare nel 2020.

Cosa bolle in pentola per il nuovo anno in arrivo

I nomi coinvolti giusto per dare un accenno saranno pfSense, Urbackup e Ceph, prodotti usati abitualmente dagli associati ad Enterprise OSS.

Gli associati come protagonisti della proposta formativa

Sicuramente verranno messe a disposizione degli associati finestre temporali in cui loro stessi potranno portare al nostro pubblico le loro proposte, arricchendo così le abilità di tutto il gruppo, in una logica di condivisione e confronto costanti.

Questo è il nostro credo e speriamo di ricevere da voi proposte interessati da portare sugli schermi di tutti tramite webinar ad hoc oppure addirittura in aula da noi, fatevi avanti.

Per quest’anno è tutto, ci aggiorniamo ai primi di gennaio 2020.

Un saluto e buon inizio a tutti.

Enterprise OSS Staff

Oggi parliamo di Ceph.

Non tutti lo conoscono, pochi sanno farlo funzionare a dovere, molti si avvicinano ma poi non sanno come metterlo in produzione.

Vi basterà aprire il portale https://ceph.io/ per trasformarvi in un moderno capitano Nemo (l’ultima versione di Ceph si chiama guarda caso Nautilus) ma se doveste decidere di intraprendere un avventuroso viaggio non costruirete uno straordinario sottomarino per solcare i sette mari, ma potrete creare un non meno straordinario cluster a partire da 3 nodi di calcolo o di storage o addirittura iperconvergente.

Per chiarirci le idee partiamo da un fidato wiki

“Ceph è un archivio oggetti distribuito e un file system progettato per fornire prestazioni, affidabilità e scalabilità eccellenti.”

E ancora

“Nell'informatica, Ceph è una piattaforma di archiviazione software gratuita, implementa l'archiviazione di oggetti su un singolo cluster di computer distribuito e fornisce interfacce per l'archiviazione a livello di oggetto, blocco e file. Ceph mira principalmente al funzionamento completamente distribuito senza un singolo punto di errore, scalabile al livello exabyte e disponibile gratuitamente.

Ceph replica i dati e li rende resistenti ai guasti, utilizzando hardware di base e non richiede alcun supporto hardware specifico. Come risultato della sua progettazione, il sistema è sia autorigenerante che autogestito, con l'obiettivo di ridurre al minimo i tempi di amministrazione e altri costi.”

Fonte: https://en.wikipedia.org/wiki/Ceph_(software)

Ceph è per chi vuole lasciare un segno

In questa sommaria descrizione si nota sicuramente la natura completamente open source di questo software, per altro sottolineata sulla home page del prodotto stesso, dove si legge a caratteri cubitali

GET INVOLVED cioè METTITI IN GIOCO, chiaro invito a chi se la sente ad addentrarsi tra i meandri del codice e migliorarlo in caso se ne abbiano le capacità, oppure a partecipare alla community.

Fonte: https://ceph.io/get-involved/

I Big dell’open source lo scelgono

Per la verità è dal 2014 che nomi come Red Hat prima e Suse poi hanno deciso di appoggiare i loro progetti di storage enterprise su questo oggetto, sempre meno misterioso.

Se ne fa chiara menzione in questo stralcio di storia su wikipedia, dove si scopre che l’inventore di Ceph e fondatore della Inktank (l’azienda finanziatrice del progetto) è Sage Weil e che

“..nell'aprile 2014, Red Hat acquistò Inktank per 175 milioni di dollari, portando in casa la maggior parte dello sviluppo di Ceph.
Successivamente nell'ottobre 2015, è stato istituito il Ceph-Community-Advisory-Board per guidare la community open dedita allo sviluppo della tecnologia dello storage software defined. Il comitato consultivo include membri della comunità Ceph appartenenti ad organizzazioni IT globali che si impegnano nel progetto, fanno la loro apparizione individui di Canonical, CERN, Cisco, Fujitsu, Intel, Red Hat, SanDisk e SUSE.”

Enterprise OSS e lo storage software defined

Enterprise OSS da 5 anni ha scoperto questo strumento ed ha voluto fin da subito implementarlo nei propri progetti, in datacenter oppure on premise e grazie ad un tuning sempre più fine è in grado di realizzare cluster Ceph perfettamente stabili e scalabili a partire da 3 nodi fisici.

Questi risultati sono frutto di studio preliminare, svariati test in laboratorio e applicazione sul campo. Ad oggi diversi clienti si avvalgono di queste soluzioni per la loro infrastruttura iperconvergente o di storage software defined.

Insomma questo Ceph sembra un duro anche se l’etimologia del nome sembra raccontare altro.

“Il nome "Ceph" è un'abbreviazione di "cefalopodi", una classe di molluschi che include il polpo. Il nome (enfatizzato dal logo) suggerisce il comportamento altamente parallelo di un polipo ed è stato scelto per associare il file system a "Sammy", la mascotte della lumaca di banana di UCSC.”

Ceph e i grandi nomi:

Alla prova dei fatti comunque non si parla di Ceph solo in Enterprise OSS, anche alla NASA hanno deciso di presentarlo e di servirsene per archiviare l’immane mole di dati giornaliera che proviene dai satelliti sopra le nostre teste

e al CERN lo si usa in ambiente di ricerca

nel video seguente infatti si può vedere come gli scienziati del CERN utilizzino Ceph in una crescente varietà di modi, dall'archiviazione a blocchi per OpenStack ai filesystem HPC all'archiviazione di oggetti S3.

Il funzionamento di questa infrastruttura da circa 20 petabyte richiede misurazioni continue e ottimizzazione delle prestazioni per garantirne il funzionamento ottimale.

Viene presentata la loro esperienza di ottimizzazione e ridimensionamento di RBD e CephFS,... E dal punto di vista operativo viene presentato il loro approccio alla messa in servizio e alla disattivazione dell'hardware, dimostrando alcune funzionalità avanzate come il bilanciamento Ceph.

In conclusione viene presentato cosa si prevede di implementare per gli storage al CERN, mostrando diversi scenari su come potrebbe svolgere un ruolo in questo progetto.

E a proposito di diffusione è ormai nota l’apertura del mondo dei container, docker e kubernetes su tutti a Ceph, che viene integrato tra gli storage necessari a far girare le micro applicazioni tipiche di questa tecnologia.

Per concludere non posso che invitarvi a visitare i nostri canali e valutare un approfondimento su questa tecnologia grazie ai nostri corsi di formazione, siamo sempre alla ricerca di partner e collaboratori.

Progetti Ceph - https://www.enterpriseoss.com/projects/

Assistenza Ceph - https://www.enterpriseoss.com/assistenza-proxmox/

Partnership EOSS - https://www.enterpriseoss.com/open-source-network/

Alla prossima settimana.

Enterprise OSS Staff

internet of things

Da molto tempo era ospite nella mia libreria un volume per me poco attraente. Non per la forma o per la copertina s’intenda, ma per la tematica che si intuisce dal titolo.

“La società a costo marginale zero.”

Difficile anche ricordare come ci sia finito in libreria e perché, ma qualche giorno fa senza potermi spiegare il motivo ho deciso che volevo leggerne qualche pagina.

Ammetto che le prime hanno avuto lo stesso effetto che ha sul sottoscritto una ripida ascesa in montagna: curiosità e aspettativa di trovare qualcosa di bello vengono subito smorzate dalla fatica e dalla sensazione di pesantezza crescente durante la salita.

Ecco l’inizio della lettura di questo volume è stato esattamente così, però ho deciso di parlarvene perché dopo le prime schermaglie con concetti a me non congeniali, hanno cominciato ad apparire tematiche invece molto interessanti.

Internet of things, stampa 3D, open source, commons collaborativo..

Cosa racconta dunque questo volume? Ammetto di non averlo ancora finito ma posso dire che mi ha colpito molto il tentativo dell’autore, per altro ben riuscito, di descrivere l’ascesa dei modelli di impresa che lui definisce laterali.

Cioè quelle aziende che credono e prosperano non centralizzando tutto, dalla raccolta della materia prima alla produzione del prodotto finito, queste sono definite a integrazione verticale, ma piuttosto basandosi su tecnologie e “materie prime” già esistenti, e sfruttandole per costruire qualcosa di nuovo.

Prima che tutti abbandonino il presente articolo alla 220a parola cerco di spiegarmi meglio.

L’autore in sostanza fa un excursus sulla nascita di aziende colossali che hanno dominato l’economia dal dopoguerra in avanti, descrivendo il motivo delle loro scelte e il loro modello di business. Ma racconta anche di come tutte le aziende più grandi stiano cedendo piano piano sotto la spinta di un nuovo modello economico, figlio del capitalismo per certi versi, ma molto più “sociale”, il commons collaborativo.

È affascinante vedere come se ne evochino le origini nella lontana epoca feudale ma tornando ai giorni nostri si dimostri come le tecnologie nate negli ultimi 20 anni, come internet per esempio, abbiamo creato un nuovo terzetto energia-trasporti-comunicazione che sta generando una nuova rivoluzione industriale, destinata come le precedenti a cambiare le sorti dell’economia mondiale.

Avvisaglie

Se ci pensate le avvisaglie di questo racconto apparentemente di "fantaeconomia" sono ben visibili oggi, nonostante la presenza dei big 4 (Facebook, Amazon, Goole, Apple). La diffusione dell’open source, delle energie rinnovabili, della stampa 3D e la crescita continua della potenza computazionale stessa dei computer sono tutti fattori che fanno crollare il costo degli elementi costituenti diversi oggetti (o servizi) di parecchio, generando una società a costo marginale quasi zero.

Dove per costo marginale si intende il costo necessario per produrre un oggetto in più.

L’autore racconta infatti di un modello economico in fase di sviluppo che a suo dire porterà nel tempo ad avere a fronte di un esborso di poco denaro moltissimi servizi, anche essenziali, come quello dell’energia, e il tutto grazie a reti, condivisione di conoscenza e collaborazioni tra enti anche senza scopo di lucro.

L’autore racconta dell’avvento dell’internet of things non solo come di una raccolta dati colossale grazie a infiniti dispositivi interconnessi, ma proprio grazie a queste reti tutte combinate tra loro sembra visionare già un’evoluzione in una società molto più equa e meno centralizzata.

Insomma mi rendo conto che concentrare in 600 parole un intero volume di “visio-economia” da 450 pagine sia un po’ riduttivo, ma spero di avervi dato qualche spunto di lettura.

Per concludere

Enterprise OSS è una associazione che è nata esattamente riflettendo i temi che vengono trattati in questo libro: dall’open source alla collaborazione tra menti alla divulgazione di tematiche tecnologiche molto attuali e spesso a costo zero.

Quindi quel richiamo che ho sentito arrivare dalla libreria qualche giorno fa forse non è stato casuale. In attesa di incontrarvi fisicamente in laboratorio o virtualmente online sui nostri canali vi auguro una buona lettura.

Alla prossima settimana.

wink enterprise oss

Upgrade, definizione

1. Incremento di un sistema di elaborazione con l’aggiunta di nuovi elementi hardware o software che ne migliorano le prestazioni

2. Aggiornamento di un prodotto software che ne migliora le prestazioni

Etimologia: ← voce ingl.; propr. ‘crescita, miglioramento’.

Garzanti Linguistica

Quando farlo?

Ecco la definizione di questo termine inglese: upgrade in ambito informatico, come al solito questa lingua globale ci permette di esprimere un intero concetto con una sola parola.

Né il termine anglosassone né la descrizione dello stesso però, ci rivelano quanto sia critica questa operazione.

Tutti noi a fronte di un miglioramento previsto, siamo pronti a mettere mano al sistema informativo, anzi molto spesso auspichiamo un upgrade

Ma ci sono upgrade che si possono fare e upgrade che non si possono fare

“Ho lavorato per anni nei ced di diverse piccole e medie imprese e ogni volta che si rendeva necessario fare un upgrade dei loro sistemi si ripresentavano puntali i soliti problemi

1. Di spazio: “l’armadio rack è pieno", oppure “non abbiamo l’armadio rack e non c’è spazio per mettere i nuovi server”, “il condizionatore non può reggere l’aggiunta di un nuovo hardware”, "l’ups è sottodimensionato per aggiungere altre macchine” etc..

2. Di soldi: “non possiamo permetterci di acquistare dei nuovi dischi per ampliare lo storage”

3. Di tempo: “come facciamo a fermare l’infrastruttura per tutto quel tempo? Noi dobbiamo lavorare, non possiamo permetterci una migrazione dei dati”

Spesso si tende a sacrificare un miglioramento certo della produzione a causa di problemi di vario genere, il cui “ammortamento” potrebbe essere rapido grazie proprio all’implementazione dell’upgrade a cui si rinuncia.

L’avvento della virtualizzazione ha favorito il superamento di alcuni dei problemi suddetti, ma in Enterprise OSS ci è capitato di incontrare uno scenario ancora differente.

Ci contattano realtà che chiedono una consulenza per fare degli upgrade ai loro sistemi, ma hanno l’esigenza di non stravolgere il loro sistema informativo, tipicamente realizzato con prodotti closed, come VMware o Hyper-V.

Un caso tipico è quello in cui si debbano aggiungere nodi di calcolo e farli comunicare sugli stessi dati ai quali puntano i nodi di calcolo già esistenti.

Schema di sistema informativo tradizionale, con sole macchine fisiche

da fisico a virtuale

In questi casi la divisione projects si occupa di integrare nell’infrastruttura esistente una soluzione open source realizzando un vero e proprio sistema ibrido, al fine di realizzare un upgrade molto vantaggioso.

Il primo vantaggio è naturalmente il conseguimento dell’obiettivo: l’incremento della potenza di calcolo, principale richiesta del cliente.

Il secondo vantaggio è il risparmio in termini di licenze che una soluzione simile offre: si può continuare a mantenere i nodi preesistenti e “dare gas” dal punto di vista computazionale, senza sobbarcarsi un ulteriore esborso di denaro, atto a soddisfare politiche di licensing spesso opprimenti.

Il terzo vantaggio è la flessibilità: permettere a due diversi cluster di puntare allo stesso storage, tipicamente Ceph (in HA su un minimo di 3 nodi) è un grosso passo in avanti, che potrà permettere in futuro di alleggerire i costi anche nell’eventualità che lo storage vada ampliato.

cluster ibrido

Insomma, senza stravolgere sistemi già esistenti, si possono fare cose egregie, far coesistere e soprattutto interagire con successo il mondo closed con il mondo open.

Anche perché come gli addetti ai lavori già sanno, grazie alla sua grande diffusione e all’imminente entrata in gioco sulla grande rete dell’universo IoT, da qualche tempo il mondo open e quello closed hanno iniziato a strizzarsi un occhio, o forse due.

Agosto 2019 Legnago

La cittadina è spoglia, avvolta dalla calura estiva, arrivo alle 8.15 e trovo posto auto molto facilmente.

L’architetto Freddo mi sta aspettando, ci incontriamo per la prima volta dopo uno scambio epistolare digitale avvenuto negli ultimi 30 giorni.

Abbiamo pianificato tutto e la precisione dimostrata fino ad ora virtualmente, si manifesta anche nella pratica.

Una sala consiliare ordinata con 5 postazioni di studio pronte, un impianto audio video funzionale e 3 sessioni di corso da due ore ciascuna, schedulate con i suoi colleghi.

corso nextcloud 2

Inizia così il corso Nextcloud per i dipendenti del comune di Legnago

Questo software dalle molteplici applicazioni è piaciuto all’architetto, che in quanto uomo poliedrico si dedica anche al ced.

Attento a ciò che offre il mondo open source ha voluto implementarne la versione base per tutti i dipendenti del comune, dimostrando lungimiranza e attenzione alle opportunità che la tecnologia offre nel nostro periodo storico.

Un cloud proprietario dove operare in mobilità, per condividere dati e documenti con i colleghi e potenzialmente con chiunque voglia usufruire del servizio.

Un ottimo strumento per semplificare i processi produttivi di tutti i settori, spesso obbligati a destreggiarsi tra file sdoppiati, caselle email intasate o permessi di accesso mancanti su file server locali.

L’esigenza di avere dei professionisti del settore che installassero Nextcloud e lo configurassero a dovere era evidente e ITServicenet (una delle aziende fondatrici di Enterprise OSS [EOSS] ) ha provveduto a soddisfarla.

Poi però si è resa necessaria anche la parte formativa, non sempre scontata

EOSS ha potuto offrire anche questo servizio grazie alle divisione learning, portando “in casa del cliente” (il comune di Legnago in questo caso) uno dei corsi che vengono messi a disposizione degli associati.

I corsi di Enterprise OSS sono inclusi nella quota associativa versata dalle aziende che entrano nel network e si svolgono nel laboratorio di Calcinato (BS), ma sono poi disponibili su richiesta per tutti coloro che ne vogliano fruire.

https://www.enterpriseoss.com/partnership

Il corso sul prodotto Nextcloud si è svolto quindi nelle 2 ore previste. Si è trattato di una formazione cosiddetta "entry level", per utilizzatori alle prime armi, con particolare attenzione alla parte pratica.

Questo è stato possibile anche fuori dal Enterprise OSS Lab, grazie alla presenza di alcuni notebook messi a disposizione dal comune e di una spaziosa sala consiliare.

Hanno partecipato circa 60 studenti di tutte le età, che durante la due giorni di corso hanno mostrato interesse e si sono applicati sia nella parte pratica che in quella teorica, facendo domande e portando loro stessi esempi di utilizzo del prodotto, funzionali alle loro abituali mansioni lavorative.

A settembre è prevista una terza giornata, dove si prevede di concludere la formazione base per coloro che non hanno potuto partecipare in agosto.

Il tutto con un unico obiettivo in mente, che dovrebbe essere quello di ciascun corso: imparare mettendo in pratica subito quello che la teoria ci insegna.

corso nextcloud 3

open source assistenza

Assistenza professionale open source, software libero, codici a disposizione di ogni sviluppatore. È dunque questa la nuova rivoluzione digitale?

In realtà si parla di software libero da molti anni, era il 1983 quando

“Richard Stallman, uno degli autori originali del popolare programma Emacs e membro di lunga data della comunità hacker presso il laboratorio di intelligenza artificiale del Massachusetts Institute of Technology (MIT), fondò il progetto GNU con l'intenzione di creare GNU: un sistema operativo completamente libero”

CIT: Wikipedia che continua

“Grazie alla collaborazione di molti sviluppatori volontari, all'uso di Internet presso università e istituti di ricerca per la coordinazione del progetto e al kernel Linux di Linus Torvalds, nel 1991 nacque GNU/Linux, un clone di Unix liberamente utilizzabile, modificabile e ridistribuibile. "

Di tempo ne è passato molto e anche di lotte tra la filosofia open e quella non open.

Ma negli ultimi anni la diffusione del software libero, la sua flessibilità e le sue molteplici applicazioni hanno costretto anche i più acerrimi nemici ad ammettere che le potenzialità offerte intrinsecamente dall’open source sono davvero tante.

Ne è dimostrazione la recente adesione di Microsoft alla Linux Foundation, come si può leggere scorrendo il seguente articolo

https://tecnologia.libero.it/microsoft-apre-allopen-source-ed-entra-nella-linux-foundation-2760

“Scott Guthrie, Vice President di Microsoft Cloud ed Enterprise Executive, ha commentato: “Linux Foundation è la casa non solo di Linux, ma anche dei progetti più innovativi della comunità open-source. Siamo entusiasti di aderire alla Linux Foundation” “

Ma non solo, addirittura Windows 10 vuole fare un “trapianto di cuore” e sarà un cuore linux, come è meglio descritto in quest’altro articolo

https://tecnologia.libero.it/windows-10-avra-un-cuore-linux-27537

Naturalmente questo non significa che il software con codice non modificabile sparirà, ma sicuramente significa che i prodotti open sono stati ormai “sdoganati” e questo apre nuovi scenari.

Si perché si fa presto a dire open, ma per poter implementare prodotti di questo tipo servono delle conoscenze specifiche.

Più questi prodotti diventano di uso comune, più è necessario avere personale specializzato che li sappia manutenere. 

Per questo in Enterprise OSS è stata creata una divisione apposita, denominata Assistance (Assistenza) che mette a disposizione le conoscenze acquisite in 20 anni sul campo, una vera e propria assistenza professionale open source.

Tutti gli IT manager che hanno bisogno di una consulenza vi si possono rivolgere e lo stesso si può dire di quei titolari d’azienda, magari abituati a fare da se con i sistemi informativi e che hanno la necessità di figure di riferimento a cui affidarsi per le loro esigenze.

Non di meno questa divisione può fare al caso di chi ha sempre voluto provare in produzione soluzioni open, ma non ha mai osato per mancanza di esperienza.

L’invito dunque è a dare un’occhiata qui

https://www.enterpriseoss.com/assistance

potreste trovare il partner tecnologico che da tanto stavate cercando e finalmente parla la vostra lingua madre.

il cloud open source privato

Un dialogo a proposito di "Cloud open source privato"

IT manager: Anche tu qualche volta hai la testa tra le nuvole? [Ride..] Forse la testa no, ma i dati sicuramente, sì sono certo che qualcuno dei tuoi dati è nelle nuvole, gli addetti ai lavori di solito parlano di CLOUD

Cliente: No, io ho tutto in locale

IT manager: Mah, se hai uno smartphone fatico a crederci

Cliente: Sì ho un iPhone

IT manager: Allora probabilmente hai dei dati su iCloud, il cloud di Apple

Cliente: No io ho un telefono Android, non sono un "fighetto" della mela

IT manager: Allora probabilmente hai dei dati su Google Drive

Cliente: No io ho tutto in locale, piuttosto cancello le foto del mio matrimonio se non ho più spazio, ma mi tengo tutto sui miei hard disk

IT manager: Capisco. Usi la mail?

Cliente: Si certo

IT manager: Anche sul cellulare?

Cliente: Ovvio, non potrei vivere senza

IT manager: E scommetto che la usi come archivio: allegati, pdf ecc..

Cliente: Bhè chi non lo fa..

IT manager: Hai un server di posta a casa?

Cliente: Ma va, uso gmail

IT manager: Eccolo, allora hai dei dati in cloud

Cliente: Aaah, non ci avevo pensato

IT manager: Già..

Cliente: Ma come si fa allora se si vuole avere i dati in uno spazio personale, ma non affidato ai colossi della Silicon Valley

IT manager: Basta rivolgersi a Enterprise OSS

Cliente: A chi scusa?

IT manager: A "Enterprise OSS", è un network di imprese che fa dell’open source il suo mantra

Cliente: Ah open source.. bello il concetto di software libero e cosa possono fare loro per il mio cloud?

IT manager: Possono offrirti uno spazio su Nextcloud.

Cliente: E cos’è?

IT manager: È un cloud completamente open, dove puoi configurarti tutto, dal numero di utenti che possono accedere, ai plugin per usarlo come un file server raggiungibile da ogni dispositivo. Oppure puoi integrarlo con i tuoi calendari o magari con dei tool di videoconferenza..

Cliente: Davvero? E se voglio tenermi i dati in casa? Ovviamente è un cloud quindi non è possibile

IT manager: Ti sbagli è possibile, il server se vuoi puoi fartelo configurare in locale, da Enterprise OSS appunto

Cliente: Tosto questo Nextcloud.. ma come contatto questi di Enterprise OSS?

IT manager: Ci sono molti modi.. inizia da qui

https://www.enterpriseoss.com

Enterprise OSS perché? Open Source professionale in Italia

Enterprise OSS  [Open Source Software] nasce da un’esigenza forte, un’esigenza che ogni IT manager ha avuto almeno una volta nella vita, avere un supporto sull' open source professionale in Italia. 

Si tratta del desiderio di utilizzare questi prodotti, farli propri, metterli in produzione ed avere la piacevole sensazione che tutto sia sotto controllo, che qualcuno ci guardi le spalle in caso di funzionamento non corretto, che una figura affidabile ci sussurri all’orecchio cosa fare in presenza di un bug.

Enterprise OSS come nasce?

La scintilla da cui è nato questo progetto è la stessa che ha acceso lo spirito open in noi più di 20 anni fa, è la consapevolezza che il software libero abbia una marcia in più. 

E noi vogliamo permettere a tutti di avere l’assoluta certezza che la propria soluzione open sia considerata affidabile, almeno quanto una qualunque, più commerciale.

Enterprise OSS cos’è?

È un’associazione di imprese che ha deciso di unire idee, risorse, forze e menti al fine di dare un servizio alla comunità di professionisti dell’ICT [vedi chi siamo qui ]

Enterprise OSS a chi si rivolge?

Si rivolge a tutti coloro che vogliono essere padroni delle soluzioni IT che portano in produzione. Noi parliamo a chi vuole sbirciare “sotto il cofano della sua macchina" e non si accontenta di usarla, ma vuole capirla, magari personalizzarla in sicurezza e al contempo essere certo del risultato finale.

Proprio per questo ci proponiamo come punto di riferimento per il cliente, vogliamo essere percepiti come un fratello maggiore, sempre pronto ad affiancarlo nel momento del bisogno. Ma ci rivolgiamo anche all' IT manager, che vuole avere un punto di riferimento e perché no dei compagni di viaggio.

Enterprise OSS cosa fa nel mondo open source?

Ti tende una mano professionale per l’implementazione e la gestione dei tuoi prodotti/progetti open. Il nostro target principale sono sistemi informativi studiati per offrire le migliori performance in produzione [ vedi divisione project ]

Spaziamo dalla formazione alla consulenza, dall’assistenza [remota ed on-site] allo sviluppo di progetti personalizzati e alla realizzazione degli stessi.

Enterprise OSS è anche altro?

Sì c’è anche dell’altro, abbiamo una divisione software che rilascia regolarmente su GitHub delle soluzioni nuove e le rende disponibili a tutti, in perfetta sintonia con il nostro mantra: Enterprise Open Source Software (OSS).

Enterprise OSS punta sulla formazione professionale?

Si, abbiamo la convinzione che solo professionisti preparati possano sfruttare quel valore aggiunto che offre l’open source. Il nostro obiettivo è aiutare a comprenderne al meglio gli strumenti e lo facciamo con corsi di formazione ad hoc sui diversi prodotti esistenti.

Enterprise OSS è un gruppo chiuso?

Enterprise OSS è un gruppo aperto, chi decide di associarsi e seguire un percorso di formazione può diventare nostro partner ed avere accesso a molteplici vantaggi sui nostri servizi [ vedi divisione associati ]

Inoltre siamo sempre alla ricerca di partner operativi che si certifichino per affiancarci nelle nostre attività di consulenza, formazione, assistenza remota e on-site, e perché no: ricerca e sviluppo.

Lavoriamo ad un open source professionale, esattamente come recita il nostro slogan: "Open source turns into enterprise"

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